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Cingolini alle vongole veraci in fricandò di melanzane, San Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino al profumo di maggiorana

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- 400 gr. di cingolini multicolore - 400 gr. (260 gr. sgocciolati) di pelati San Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino - 800 gr. di vongole veraci - 1\2 melanzana globosa - 1\3 cipolla bianca - Dell'aglio - Della maggiorana - 1 peperoncino - Olio evo, sale e pepe qb Per la pulizia delle veraci: accertarsi che nell'acquisto non siano presenti dei gusci visibilmente danneggiati; battere le vongole su un tagliere, una ad una, per eliminare eventuali cospicue rimanenze di sabbia, sciacquarle; in ultimo porle in uno scolapasta contenuto in due litri di acqua e 40 gr. di sale grosso: lasciarle spurgare definitivamente per circa due ore, quindi passarle sotto l'acqua e metterle momentaneamente in frigo.  Tritare finemente mezzo spicchio d'aglio ed 1\3 di cipolla bianca, soffriggerli in olio in pentola, versare i San Marzano, insaporire con della maggiorana e lasciar cuocere a fuoco moderato per meno di mezz'ora, aiutandosi con dell'acqua alla bisogna; al termine aggiu

Cristoforo Messisbugo ed i banchetti alla corte estense - Seconda parte

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Ferrara, 24 gennaio 1529. Una domenica. Cristoforo Messisbugo, cuoco alla corte estense, ha organizzato la sua sontuosa "cena di carne e di pesce": Ercole II d'Este, futuro erede del ducato, vuole festeggiare il padre Alfonso I, Duca di Ferrara e vedevo di Lucrezia Borgia, la Marchesa di Mantova Isabella d'Este Gonzaga e Renata, Duchessa di Chartres, figlia del re di Francia Luigi XII, andata in sposa allo stesso Ercole l'estate precedente a Parigi. Il banchetto è l'evento conclusivo dei festeggiamenti. 104 invitati, tra cui un ambasciatore di Carlo V, il vescovo di Milano, rappresentanti del Senato di Venezia, gentildonne e gentiluomini vari. Sala grande del palazzo, addobbata per ogni dove con tendaggi colorati e sgargianti. Si parte con gli assaggi di benvenuto, disposti in 104 piattelli e 25 piatti più grandi: 1) Insalata in pastello di capperi 2) Tartufi ed uva passa 3) Insalata di indivia 4) Cime di radicchi 5) Raperonzoli e cedri 6) Insalata di acciughe

Flan in bagnomaria ai cannellini, radicchio tardivo, ricotta, balsamico e curcuma

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 Per 4 persone - 130 gr. di fagioli cannellini già cotti - 200 gr. di ricotta mista - 180 gr. di radicchio tardivo - 2 cucchiai di pecorino grattato - 1 uovo - 2 cucchiai di panna fresca - 2\3 di scalogno - Dell'aceto balsamico - Della curcuma - Olio evo, sale e pepe qb. Tritare assai finemente il radicchio tardivo con lo scalogno, quindi farli andare velocemente sul fuoco, in padella, in poco olio. In un ampio recipiente mescolare i cannellini, la ricotta mista, il radicchio tardivo e lo scalogno, l'uovo, la panna fresca ed il pecorino grattato; aggiustare di sale e pepe. Oliare dei pirottini da forno con un pennello, quindi distribuirvi il tutto, livellando accuratamente. Versare dell'acqua in una pirofila da forno assai alta per 2\4 dell'altezza dei pirottini, quindi porli a galleggiare; accendere il forno a 180 gradi in modalità statica e lasciar cuocere per 45 minuti circa. Estrarre i flan dai pirottini appena saranno tiepidi, impiattare nappando con delle gocce di

Cristoforo Messisbugo ed i banchetti alla corte estense - Prima parte

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Ferrara, 24 gennaio 1529. Una domenica. Cristoforo Messisbugo, cuoco alla corte estense, ha organizzato la sua sontuosa "cena di carne e di pesce": Ercole II d'Este, futuro erede del ducato, vuole festeggiare il padre Alfonso I, Duca di Ferrara e vedevo di Lucrezia Borgia, la Marchesa di Mantova Isabella d'Este Gonzaga e Renata, Duchessa di Chartres, figlia del re di Francia Luigi XII, andata in sposa allo stesso Ercole l'estate precedente a Parigi. Il banchetto è l'evento conclusivo dei festeggiamenti per gli sposi. 104 invitati, tra cui un ambasciatore di Carlo V, il vescovo di Milano, rappresentanti del Senato di Venezia, gentildonne e gentiluomini vari. Sala grande del palazzo, addobbata per ogni dove con tendaggi colorati e sgargianti. Prima del pasto si parte con una commedia di Ariosto (presente il suddetto), la 'Cassaria", segue un intrattenimento "con musiche e diversi ragionamenti" nelle due sale attigue. Sala principale in prepara

Busiate alle triglie, calamari, gamberi e datterini gialli della Piana del Sele

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 Per 4 persone - 400 gr. di busiate - 2 calamari - 200 gr. di gamberi - 3 triglie di scoglio sfilettate - 300 gr. di datterini gialli della Piana del Sele - 2 spicchi d'aglio - Del pepe nero in grani - Del vino bianco - 1\2 cipolla bionda - Del prezzemolo - Olio evo, sale e pepe qb. Per il fumetto: Ricavare teste e carapaci dai gamberi. Tritare finemente parte della cipolla ed uno spicchio d'aglio, soffriggerli in una padella con dell'olio, quindi porre gli scarti e far andare a fuoco vivace per poco, mescolando; aggiungere del vino bianco e far evaporare; versare abbondante acqua, del prezzemolo e del pepe nero in grani; abbassare un poco la fiamma e lasciar andare per circa un'ora, sobbollendo e schiumando, se necessario; filtrare in ultimo con un colino a maglie strettissime togliendo i rimasugli ed aggiustando di sale e pepe. In una ampia padella far imbiondire, in olio, il trito rimanente di cipolla e poco meno di uno spicchio d'aglio, quindi versare i datterin

Oltre il cibo: i banchetti ed i simposi nella cultura etrusca

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Dallo studio delle numerose raffigurazioni pittoriche giunteci, riguardanti i banchetti cerimoniali, si desume quanto essi fossero pregni di significati sociali ed ideologici, non solo collegati all'aspetto gastronomico. Allargando il concetto di deipnos , da banchetti per la mera consumazione del cibo, si passa a dei veri e propri simposi, dove si proponevano argomenti di interesse comune; si tracannava il vino, allietandosi con la presenza di musici e danzatori. Ma abbiamo a disposizione letture maggiormente descrittive. Nelle lastre architettoniche con scena di banchetto che decoravano il palazzo di Poggio Civitate-Murlo (Siena, 575-550 a.C.), al disotto dei letti tricliniari con coppie di banchettanti rappresentati nell'atto di brindare e di ascoltare musica, sono collocate delle trapezae imbandite con piatti e ciotole. Una più attenta e specifica analisi visiva delle suddette scene di banchetti ci porta a dedurre il consumo di probabili frutti, uova o piccole focaccine, in

Tra Sicilia ed Umbria, il sommacco e la lenticchia dell'Altopiano di Colfiorito

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Rhus coriaria, famiglia delle Anacardiaceae. Ci dobbiamo spostare nella calda Sicilia, nello specifico lungo le coste trapanesi e palermitane, finanche nell'entroterra intorno ai 800-900 metri d'altitudine, per trovare questo arbusto, vegetale caratteristico che può arrivare ad altezze piuttosto elevate, circa tre metri; particolari sono le sue foglie pennate e seghettate.  Un pianta sgargiante nei colori dei suoi frutti, fatti a praline, tra il rosso porpora intenso che può tendere al bruno, dai quali viene ricavata la spezia, una volta essiccati e pestati: non consumare freschi, il rischio è una forte intossicazione! Sapore tendente all'acido, simile al limone con note piccanti e pungenti, assai incisive. Nella zona meridionale ed orientale del Mediterraneo lo si trova presente in diverse tradizioni gastronomiche, grandemente strutturato nei piatti nazionali.   Con un potere antiossidante ed antinfiammatorio come pochi il sommacco, assieme alla sua peculiarità acre ed ent

Il Cardinale

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"Et nunc, ubi se manduca, Deo nos conduca!" Con questa frase,  Don Rino,  il viceparroco della mia parrocchia di Roma, concludeva talvolta le sue catechesi, soprattutto quelle del venerdì che dovevano poi un raduno in pizzeria.  Ad un certo punto,  sia io che lui abbiamo lasciato la parrocchia; lui, tra l'altro,  ha fatto anche carriera,  diventando Monsignore, e a quest'ora chissà,  sarà diventato come minimo Vescovo! Il piatto di stasera,  perciò,  lo dedico a lui,  augurandogli la porpora cardinalizia e perché no? Magari anche i Pallii pontificali! Il cardinale,  dunque.  La prima volta l'ho assaggiato in una pizzeria dove andai da ragazzina con mamma e papà,  e mi piacque subito: bello a vedersi,  succoso e gustoso a mangiarsi.  Il cardinale è un crostino molto ricco,  con mozzarella,  prosciutto crudo,  piselli e funghi trifolati.  Di una facilità disarmante,  di una bontà travolgente.  Perché si chiama Cardinale ?  Ah,  saperlo! Forse perché il r

La pesca nella cultura etrusca

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Anche per quanto concerne l'attività della pesca ci sono giunte informazioni documentali esaustive, di un certo peso, che testimoniano come questa pratica fosse assai strutturata e rilevante tra il popolo etrusco. Anche la raccolta di molluschi, come patelle, mitili e cappe regine, soddisfava l'alimentazione della popolazione dell'Etruria.  Presso il Monte Argentario e Populonia, come esplicitato nel De natura animalium di Eliano, era piuttosto frequente la pesca del tonno, in maniera assai marcata in alcuni villaggi, o di pesci di taglia simile come l' aulopias ; ed ecco che ci arrivano in aiuto anche le numerose raffigurazioni di varie specie ittiche del Tirreno centrale, presso i vari agglomerati urbani, databili soprattutto ai secoli IV e III a.C., ed anche i resti archeologici, con i numerosi frammenti di utensili adoperati per la pesca, come aghi di bronzo, ami, pesi per le reti e fiocine. Piuttosto interessanti sono i ritrovamenti di resti di pesci negli scavi p

Hamim speziato al coriandolo e zafferano con fagioli alla toscana

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Per 4 persone. - 450 gr. di carne macinata di vitellone  - 1\2 cipolla bionda - 1 e 1\2 spicchi d'aglio - 300 gr. di pomodori pelati - 350 gr. di cannellini secchi - Del pepe nero in grani - Della salvia - 2 uova medie - 2 cucchiai di parmigiano grattato - 2 cucchiai di pangrattato - Dei semi di coriandolo pestati - Dello zafferano - Del brodo di carne - Olio evo, sale e pepe qb. Ammollare per una notte intera i fagioli cannellini. In una fagioliera di terracotta temperata portare quasi a cottura i legumi (circa 45 minuti), sobbollendo a fiamma bassa, non salando e aggiungendo delle foglie di salvia, del pepe nero in grani ed uno spicchio d'aglio. Nel frattempo preparare un trito di cipolla e aglio, in parte servirà per l'hamim, successivamente: far andare in olio parte del battuto con una foglia di salvia, quindi versare i pelati cuocendo per una ventina di minuti la salsa. Eliminare gli odori dalla fagioliera con una spumarola, porre i fagioli nel sugo al pomodoro e porta

Alimentazione carnea, caccia ed allevamento in epoca etrusca

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Ad un discreto utilizzo di legumi, nell'alimentazione etrusca, andavano di pari passo caccia ed allevamento, assai strutturate nello stile di vita del tempo. E nuovamente, testimonianze archeologiche e documentazioni scritte ci testimoniano usi e costumi della società e del regime alimentare adottato.  Il maiale, come ci suggeriscono varie fonti, era al centro del tutto e capillarmente allevato, con una destinazione esclusivamente alimentare rispetto a ovini e bovini, anch'essi molto presenti tra il popolo etrusco: boschi e querceti ricchi di ghiande, assai diffusi nell'Etruria del periodo, assieme alle condizioni climatiche specifiche, favorivano grandemente la stanzialità di questo animale nella regione. Lana, latte e formaggi erano a disposizione grazie all'allevamento di ovini e caprini, particolarmente presenti nelle zone territoriali odierne di Pisa e Cerveteri (Licofrone, Alexan . X, 4, 7-8   e Plinio, Epist. VIII, 20). Come già specificato in un post precedente,

Gnocchi del Casentino

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Per 4 persone - Bietola rossa, 600 gr. (spinaci nella ricetta originale) - Ricotta di pecora, 350 gr. - Del pangrattato - Della mollica di pane - Del latte - 2 uova medie - 1 litro di brodo di gallina (o di altra carne) - Della noce moscata - Del burro - Un trito di sedano, carota, cipolla bionda e aglio - Del pecorino toscano grattato - Olio evo, sale e pepe qb. - Della cannella (non prevista nell'originale) Passare sotto l'acqua corrente le foglie della bietola rossa, quindi eliminare la parte terminale, tagliarle grezzamente. In una ampia padella far andare in olio evo uno starter di sedano, carota, cipolla bionda e aglio, tritati assai finemente, quindi porre la verdura e portare a stufatura abbondante, coperchiato, aiutandosi con poca acqua; poco prima di spegnere la fiamma scoperchiare e far evaporare completamente la parte acquosa della bietola. Ridurre a poltiglia la verdura, tritandola su un tagliere, quindi amalgamarla alle uova, alla ricotta, a 3 cucchiai scarsi di p

L'alimentazione etrusca - Tra fonti scritte e ricerca archeologica

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Soprattutto nella parte meridionale dell'Etruria le colture di vite e olivo avevano un peso assai cospicuo per quanto concerneva la commercializzazione verso altri centri, mentre gran parte dell'alimentazione degli abitanti dei villaggi si concentrava su altro.  Alcuni spunti. Nel famoso relitto del Giglio Campese, databile intorno al 600 A.C., furono trovate delle olive conservate in salamoia all'interno di alcune anfore etrusche, mentre nella Tomba delle Olive di Cerveteri (575-550 A.C.) furono scoperti dei noccioli del verde frutto, presumibilmente utilizzati come offerta di cibo al defunto; lo stesso Catone, nel Liber de agri cultura del 160 A.C, ci testimonia come le olive fossero concesse come pasto agli schiavi in dosi assai cospicue. La centralità della coltivazione dell'olivo e della vite la si desume anche dalla saga di Arrunte da Chiusi, il quale avrebbe invogliato i Galli a scendere nelle zone mediterranee mostrando loro i prodotti che la terra dell'a

Baccalà crogiato all'aretina

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 4 porzioni. - Baccalà ammollato, 800 gr. - 3 filetti d'acciuga sott'olio - 1 e 1\2 cucchiai di capperi sottosale - 2 e 1\2 cucchiai di pangrattato - 2\3 di bicchiere di vino bianco - Del prezzemolo - Olio evo, sale e pepe qb. Tritare assai finemente le acciughe, i capperi precedentemente passati sotto l'acqua corrente ed il prezzemolo; mescolare il tutto con il vino bianco aggiungendo anche abbondante olio, pangrattato, poco sale e del pepe. Togliere accuratamente le lische al baccalà, quindi ridurlo a tranci non troppo fini assieme alla sua pelle; ungere una pirofila da forno con olio, adagiare i pezzi di baccalà e napparli con la salsa. Cuocere in forno statico a 180 gradi per circa mezz'ora. Servire subito.

Tonno "briao" alla livornese

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4 porzioni. - 4 tranci di tonno fresco, tagliati non troppo finemente - 1\2 cipolla bionda - 1 spicchio d'aglio - Della farina - Del prezzemolo - 1\2 bicchiere di vino rosso - Olio evo, sale e pepe qb. Infarinare accuratamente i tranci di tonno, tritare assai finemente prezzemolo, cipolla e aglio facendoli imbiondire in olio in padella; porre il tonno, salarlo e peparlo, sfumare velocemente con del vino rosso girando le fette due volte per ogni lato. Servire subito nappando con altra salsa.  

L'alimentazione etrusca - I cereali

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Lo stesso seme può rendere in un posto dieci volte; in un altro, come in alcune zone dell'Etruria, fino a quindici volte.  Marco Terenzio Varrone, De re rustica . Numerosi documenti testimoniano l'estrema fertilità del territorio dell'Etruria rispetto al resto dell'Italia antica; l'agricoltura etrusca aveva il pregio di realizzare modalità di produzione assai avanzate, che potevano generare quantità e qualità elevate dei prodotti alimentari. Nel celebre trattato agronomico De re rustica di Marco Terenzio Varrone si delinea una regione geografica all'apice per quanto concerne l'uso delle tecniche di produzione cerealicola; nonostante i colpi subiti dalla conquista romana le città etrusche offrivano ancora un'ampia varietà di prodotti alimentari: il frumentum era al centro del tutto.  L'estesa diffusione della tecnica del maggese consentiva agli Etruschi di assicurare alta produttività ai campi: la continua rotazione biennale delle colture

Aldo Santini ed i brigidini di Lamporecchio

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 "Ecco dei dolci, anzi delle leccornie (l'Artusi le definisce giustamente dei "trastulli") che dalla provincia di Pistoia sono straripate nell'Italia intera. I brigidini di Lamporecchio, rammentati nelle opere di molti scrittori toscani, Giusti, Fucini, Cicognani, Tozzi, Pratolini, Palazzeschi, hanno la loro brava fama nazionale.  Sono delle cialde rotonde, a base di farina, zucchero, uova e anice, cotte (una volta) con le forbici a tenaglia, le antiche "forbici dei brigidini", dove le lame erano sostituite da due stampi di ferro decorati con geometrie e disegni. I vecchi sacrestani ricorderanno che nel passato, in chiesa, le ostie si preparavano con queste forbici, scaldate sul fuoco.   Il nome "brigidini" deriva forse dal fatto che i primi trastulli sarebbero stati confezionati dalle suore del convento di Santa Brigida a Pistoia. Ma Osvaldo Rinati, che a Lamporecchio ha creato una piccola industria di brigidini (e torroni), in grado di poter

Vellutata broccoli, conference, macadamia e Bleu d'Auvergne

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- 2 mazzetti di broccoli - 1 e 1/2 pere conference o kaiser - Mix di noci e noci di macadamia  - 80 gr. di Bleu d'Auvergne - 1/3 di cipolla bianca  - Del timo  - Del burro  - Olio evo, sale e pepe qb. - Del brodo vegetale  Passare velocemente in padella antiaderente i due tipi di noci, quindi tagliuzzarli grezzamente e mettere da parte. Preparare un trito fine di cipolla bianca e del brodo vegetale; pulire accuratamente i broccoli e tagliare a metà le cime, sbucciare le pere eliminando il torsolo e ridurle a tocchetti. Fare andare la cipolla in poco olio in pentola, quindi porre broccoli e pere allungando con poco brodo vegetale (dimodoché la vellutata, successivamente, risulterà assai ristretta); al bollore, coperchiare e cuocere a fiamma media per circa 10 minuti, quindi spegnere il fuoco e amalgamare del burro. Frullare il tutto a crema col mixer ad immersione e aggiustare di sale e pepe. Servire caldo con tocchetti di formaggio Bleu d'Auvergne, una spolverata di noci ed una

Cucina "povera" che diventa "ricca": i pannicelli della Val di Chiana

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Basta andare indietro nel tempo di soli 100 anni. Nella odierna patria della razza chianina, orgoglio cultural-territorial-gastronomico di questa specifica fascia di terra della Toscana, dell'Umbria e del Lazio, si scoprono ricette e tradizioni figlie delle necessità e delle stagionalità, del "non buttar via mai nulla"; dopo il duro e stancante lavoro nei campi il pasto dei contadini si concentrava principalmente sul consumo di pane, verdure a profusione, cereali. Già nel XVIII secolo questa specifica zona geografica era conosciuta come il "Granaio d'Italia", dopo le imponenti opere di bonifica effettuate a fine '700 dal Granduca di Toscana Pietro Leopoldo I; territorio che quindi poteva offrire, seppur nella povertà generalizzata dell'entroterra, grano, orzo, ortaggi, legumi, formaggio ed uova. Se avanzavano ritagli di pasta fresca ovviamente i possibili scarti tornavano protagonisti di una nuova ricetta l'indomani, una specie di maltagliati d

Gialla come le ginestre: la ginestrata

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"Si usava servirla come corroborante agli sposi che tornavano dal viaggio di nozze, duramente provati dalle fatiche d'amore". Gialla come le ginestre, tonificante, aristocratica e... afrodisiaca! Più scavi, studi, attingi da fonti e più ti stupisci. Mi è saltata subito agli occhi la storia della cinestrata, o ginestrata, una minestra che affonda parte delle sue origini nel territorio del Chianti e della Val di Chiana: sostanzialmente un brodo di gallina, oppure anche di pollo, con marcate reminiscenze rinascimentali, l'utilizzo di cannella, noce moscata e zucchero a velo ci svela molto della sua origine. In più abbiamo dei rossi d'uovo mescolati col vinsanto.    Piatto sconosciutissimo, oggi. Primissime tracce, allo stato embrionale, le troviamo in un ricettario trecentesco catalano; due secoli dopo le gesta del mitico scalco ferrarese Messisbugo (ed i suoi testi) ci paleseranno questa preparazione, assai più corposa: niente brodo, ma la presenza di latte, farina

Cluny: il rigore tra orto e cucina

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L'ordine cluniacense è stato uno dei più ricchi della storia, anche se cercava di ispirarsi ad un modello assai povero di alimentazione. Oltre alla ritualità gestuale "culinaria", che doveva sostituire in toto la parola seguendo la Regola di Benedetto, altri momenti solenni e carichi di significato erano quelli relativi alle attività dell'orto.  Metà XI secolo, Ulrico di Zell, nelle sue Consuetudines Cluniacenses, ci informa di ciò, circa la raccolta, pulitura e cottura delle fave, centralissime nell'alimentazione monastica e contadina del tempo: i "settimanari di cucina", monaci che si alternavano periodicamente in turni, dovevano raccogliere le fave nel mentre che suonava la campana dei Vespri; finita la liturgia lavarle tre volte sotto l'acqua corrente e lasciarle in ammollo una notte all'interno di un recipiente ben chiuso.  La mattina dopo dovevano risciacquarle nuovamente tre volte e quindi porre il "caldarium" sul fuoco di cucina

Pan molle di Prato

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Sostanzialmente il cugino dell'estiva panzanella. Questa preparazione assai sfiziosa è conosciuta anche come "alla ghiotta", poichè un'altra versione piuttosto accreditata prevede anche l'utilizzo di carciofini, funghi sott'olio e filetti d'acciuga, accompagnati da una dadolata di pane raffermo, ammollato e spezzettato. Una ricetta sana e veloce, che si presta piacevolmente ad alcune modifiche sostanziose: ho utilizzato il mitico pomodoro camone, un excursus tra Sardegna e Sicilia; rosso scuro con striature verdi evidenti, è fonte come pochi di carotenoidi, potassio e vitamina C. PAN MOLLE DI PRATO, per 6: - 6 fette di pane ai 5 cereali, rafferme - Del rosmarino - Dell'alloro - 2 chiodi di garofano - 7 camoni - 1 cipolla bionda - 1\2 cetriolo - 1 porro - 1 gambo di sedano - 6 ravanelli  - 2\3 di bicchiere di vino bianco - Aceto bianco - Olio evo, sale e pepe qb. In una zuppiera piuttosto ampia versare dell'acqua fredda assieme al vino bianco, i chi

Tra euforia ed evasione: caffè e tè tra XVII e XVIII secolo. Seconda parte

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La fortuna della nuova attrazione, il caffè, fu assai contrastata fra Olanda ed Inghilterra. Situazione che si contrapponeva al mood di mezza Europa: durante il XVIII secolo era possibile imbattersi nei numerosi locali alla moda per la degustazione della scura bevanda.  Un primo carico di tè, proveniente direttamente dall'India, giunse intorno alla prima decade del 1600 ad Amsterdam; nel 1635 abbiamo le prime tracce in Francia e solo dopo la metà del secolo lo troviamo in Inghilterra, grazie agli olandesi. In Olanda il tè era già diventato una bevanda di massa: inebriante quanto la birra, quest'ultima subì una brusca frenata per quanto concerne i consumi, scalzata dalla nuova arrivata. Si ritiene essere veritiera una massimale assunzione di tè fino a 100 tazze al giorno. Ed ecco nuovamente palesarsi l'arte medica che giustifica l'eccesso, tanto che era naturale "elargirne 50 unità agli ammalati in 24 ore": "Si dia tè a tutti i popoli della Terra, ad ogni

Frascadei della Lunigiana

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"Minestra fatta coi négri, patàc e farina d’fùrmantùn”. E proprio di questa, definita in dialetto, ecco la ricetta." Ricettario ottocentesco. Ovvero, togliere i fagioli alla più rinomata polenta incatenata aggiungendo mortadella e lardo. Torno nuovamente nell'Alta Toscana dove, soprattutto nel territorio pontremolese, le tradizioni gastronomiche, e di conseguenza le ricette, si intrecciano in un perpetuo, rutilante mescolarsi e rinnovarsi: mi sono già speso, nei post precedenti, su come sia piuttosto comune l'avere a dispozione piatti sostanzialmente simili, anche tra due paesi geograficamente vicini, ma con peculiarità proprie che ne caratterizzano l'essenza. Ricetta gustosissima, di un certo spessore! FRASCADEI DELLA LUNIGIANA (O DI PONTREMOLI), per 6: - Farina di mais, 250 gr. - 2 patate non troppo grosse - 1 mazzo di cavolo nero - Mortadella in una fetta, 100 gr. - Lardo di Colonnata, 50 gr. - 1\ e 1\2 spicchi d'aglio - Del prezzemolo - Olio evo, sale, pep

Tra euforia ed evasione: caffè e tè tra XVII e XVIII secolo. Prima parte

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Vino e birra. Per molti secoli furono al centro dei consumi alimentari di intere popolazioni europee.  Per sommi capi si possono localizzare all'interno di due aree geografiche: la birra nella parte centrale e settentrionale del continente ed il vino nella zona sud e costiera. Il consumo pro capite di vino, intorno all'anno Mille, trasversalmente fra regioni e classi sociali, si attestava mediamente attorno ai tre litri; questo aspetto si evidenzia in particolar modo nel 1500, quando, con l'utilizzo di molti cibi conservati sotto sale, assai comuni fra le classi sociali più povere, il senso della sete era assai marcato; il vino costituiva una sorta di alimento a sé stante, apporto calorico sostanzioso, quando la tipologia di dieta era monotona o povera.   "Alcuni vivono questa bevanda più che del cibo vero e proprio; tutti ne hanno bisogno, uomini, donne, vecchi, sani e malati". J. Brettschneider, 1551. Al consumo di vino erano anche attribuite delle peculiarità t

Taragna con luganega, cardoncelli e casera

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- 300 gr. di taragna - 2 salsicce di luganega - 1 confezione di cardoncelli - 150 gr. di casera - 1\2 cipolla bianca - 1 spicchio d'aglio - 1 peperoncino - Del prezzemolo - Sale, pepe e olio evo qb. Lavare sotto l'acqua corrente i cardoncelli, eliminare la parte terminale, quindi ridurli a striscioline e tocchetti non troppo fini; eliminare il budello dalla luganega e spezzettarla. Preparare un trito di cipolla, aglio e prezzemolo, soffriggerlo brevemente in padella in olio assieme al peperoncino; versare quindi i funghi e la salsiccia e cuocere per meno di 10 minuti, irrorando eventualmente con un poco di brodo vegetale caldo, salare e pepare. Tagliare a tocchetti il casera. In una pentola antiaderente versare 1 l e 1\2 di acqua e portare ad ebollizione, salare, abbassare la fiamma e cominciare a versare le due farine, a più mandate e rimestando copiosamente per evitare la formazione di grumi; dopo circa 5-6 minuti spegnere la fiamma ed amalgamare i tocchetti di formaggio. Dis

La fame contadina in Europa tra '500 e '600: cittadini versus campagne

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Cibo, al centro dei conflitti, la ferocia borghese. 1573, Troyes. Si racconta di come, in maniera assai repentina, la città si riempì di poveri e diseredati, affamati, provenienti dalle campagne circostanti, marea umana che rappresentava un problema di non poco conto per la città in termini di sicurezza. Le autorità cittadine organizzarono una frettolosa assemblea per capire come porre rimedio alla questione: si decise di cuocere, in vari forni sparsi per la città, diversi chili di pane, in fretta e furia, da distribuire agli affamati assieme ad una moneta d'argento.   "I poveri furono tutti ammassati nelle vicinanze di una delle porte cittadine, ricevettero ciò che chiedevano. Uscito l'ultimo disgraziato, fu urlato loro, dall'alto delle mura, di andarsene con Dio per cercare altrove di che vivere, senza mai più farsi vedere".   Questo espisodio, neppure tanto violento, è testimone della grave crisi alimentare manifestatasi in molte parti d'Europa tra le fasce

Cremosa al semolino, ricotta, vaniglia, agrumi, pinoli e sultanina

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- 150 gr. di semolino - 800 gr. di latte parzialmente scremato - 3/4 di scorza di un limone ed una arancia - 1 bustina di vanillina - 40 gr. di burro - 3 uova - 250 gr. di ricotta mista - Dei pinoli - Dell'uvetta sultanina  - 180 gr. di zucchero - Dello zucchero di canna Ricavare le scorze dagli agrumi ponendo attenzione a non tagliare la parte bianca più interna; scaldare il latte aggiungendovi le bucce ed il burro ammorbidito. Appena il latte inizia a bollire abbassare al minimo la fiamma, togliere con una spumarola le scorze e, a più riprese, amalgamarvi il semolino e la vanillina, rimestando copiosamente; continuare fino ad avere un composto assai denso; mettere il tutto da parte a raffreddare. Versare lo zucchero e le uova in planetaria, montare ad altà velocità fino a che il composto risulterà assai spumoso e chiaro; aggiungere la ricotta abbassando la velocità della planetaria. Appena il semolino cotto sarà completamente raffreddato aggiungerlo agli altri ingredienti assieme