Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta Parole d'autore.

Tra scalchi e Maestri di Casa: le regole del banchetto barocco

Immagine
IL COPPIERE deve haver polizia et fedeltà, gravità della persona e sopraintendere ai vini, alle acque, alle sottocoppe, bicchieri e vasi di bottiglieria. LO SCALCO che avendo in mano la vita del padrone conviene stia molto avvertito che li cibi destinati per la bocca di esso siano di ottima qualità e che passino per più poche mani possibili con farsene la solita credenza dal cuoco prima di portarli in tavola. IL TRINCIANTE, giovane, robusto, di bello aspetto, mentre si esercita al servizio stia fermo sui piedi, guardandosi quanto può di toccare la tavola con la vita o ungersi le mani, aiutandosi al salvietto sopra la sinistra che egli terrà salda durante l'operazione. Non farà rumore col coltello sopra le vivande e piatti e tanto meno non si farà sentire con sternuti o tosse. Fornito che sarà di mangiare il padrone o altro suo commensale coprirà con un tondo il servito dei coltelli rivoltando il tovagliuolo sopra il quale è posto e facendo riverenza lo leverà di tavola consegnandol

Cucina: la Livorno d'antan, l'Inno di Garibaldi

Immagine
L'Inno di Garibaldi, ovvero la Livorno d'antan. Sapori e tradizioni di un tempo perduto riproposti, una trentina di anni fa, dal grande Aldo Santini, giornalista labronico purosangue che più di ogni altro ha scandagliato meticolosamente i meandri della variopinta cultura livornese. Tra le varie pubblicazioni dell'autore si annovera la mitica "La nostra cucina - ricette e storie nella tradizione di Livorno e della sua provincia", prolifica collaborazione editoriale con il quotidiano cittadino "Il Tirreno". Ne scaturì una serie di schede tematiche, assai dettagliate, sulle ricette storiche tipiche di Livorno, intrise di suggestive esperienze personali legate al cibo; ricette perdute, molte delle quali, già a quei tempi, ormai fuori dai menù dei ristoranti e assai poco conosciute dalla popolazione. La cucina tradizionale livornese è figlia della semplicità, della povertà e della funzionalità del riciclo; le economie domestiche insegnavano a riutilizzare i p

Aldo Santini ed i brigidini di Lamporecchio

Immagine
 "Ecco dei dolci, anzi delle leccornie (l'Artusi le definisce giustamente dei "trastulli") che dalla provincia di Pistoia sono straripate nell'Italia intera. I brigidini di Lamporecchio, rammentati nelle opere di molti scrittori toscani, Giusti, Fucini, Cicognani, Tozzi, Pratolini, Palazzeschi, hanno la loro brava fama nazionale.  Sono delle cialde rotonde, a base di farina, zucchero, uova e anice, cotte (una volta) con le forbici a tenaglia, le antiche "forbici dei brigidini", dove le lame erano sostituite da due stampi di ferro decorati con geometrie e disegni. I vecchi sacrestani ricorderanno che nel passato, in chiesa, le ostie si preparavano con queste forbici, scaldate sul fuoco.   Il nome "brigidini" deriva forse dal fatto che i primi trastulli sarebbero stati confezionati dalle suore del convento di Santa Brigida a Pistoia. Ma Osvaldo Rinati, che a Lamporecchio ha creato una piccola industria di brigidini (e torroni), in grado di poter