Sono circondato da artisti: oltre che nella musica barocca la cara Benedetta eccelle nell'arte della pasticceria. Seguitela! Una valida alternativa a questi tempi cupi. https://blog.giallozafferano.it/benzycake/
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Visualizzazione dei post da ottobre, 2020
Giorgia’s cream, magnificare la diplomatica
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Giorgia's cream: incontri in cucina, progetti, confronti. Dall'altra mia passione, il canto corale, è nata recentemente una prolifica collaborazione tra i fornelli con la cara Giorgia, la quale, è proprio il caso di dirlo, mi ha dato il "la" per questo fantastico esperimento autunnale. Non affronto volentieri la pasticceria, soprattutto se si tratta di elaborare creme e affini. In cucina ho tendenzialmente uno spirito anarchico mentre sono ai fornelli, spesso creo una ricetta con gli ingredienti ad occhio nei loro quantitativi. Sicché questo aspetto, come possono agilmente confermare le colleghe che trattano di pasticceria su questo sito, non può assolutamente sposarsi con quest'arte, dove ogni ingrediente, ogni passaggio, devono essere rigorosamente dosati ed elaborati. 1\3 - 2\3: questi sono i rapporti ottimali per quanto concerne la diplomatica, strutturata su altre due creme: incontri di un certo peso in cucina, 1\3 di chantilly e 2\3 di pasticcera! Fluida e l
Cachi a sorpresa
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E' domenica, ci siamo alzati tutti tardi e adesso la pasticceria è chiusa! E con cosa lo faccio il dolce per chiudere il pranzo? Semplice: In un bicchiere metto un bel ciuffone di panna, un cucchiaio di castagne arrosto sbriciolate, avanzate dalla sera prima, un cachi morbido, sbucciato e tagliato, ancora un ciuffone di panna e sopra scaglie di cioccolato fondente! Fate attenzione: i commensali potrebbero mangiare anche bicchiere e cucchiaino, contateli a fine pasto...
La Peperonata
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Nei primi anni Settanta, mio papà ed un suo collega comprarono insieme un piccolo appezzamento di terreno non lontano dal Santuario del Divino Amore, a Roma, soprannominato presto Il campo dei miracoli , vista la sua notevole produttività nonostante, a detta di papà, non ci piovesse mai e tutto ciò che ci nasceva era per grazia della Madonna del Divino Amore. Lavorando tutto rigorosamente a forza di braccia, quindi di vanga e zappa, come nel Medioevo, mio papà, nel tempo, da quel campo ha tirato fuori una bellissima vigna, qualche albero d’olivo e di frutta, pomodori, legumi e verdure in quantità industriali; per anni, ha fatto un vino bianco buonissimo, allestendo la cantina negli scantinati del palazzo dove hanno abitato, con una botte di vetroresina, una pigiatrice ed un torchio di legno, anche loro completamente manuali; in più, qualche anno, è riuscito a ricavare anche qualche bottiglia d’olio. Le sue verdure erano buonissime e saporite, proprio perché crescevano secondo i
Variazioni sul tema: impannata di pesce alla livornese
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Un altro piatto tipico della tradizione gastronomica livornese sono questi strepitosi tortelli di pesce fritti, assai poco battuti, meglio conosciuti come "impannata di pesce". Sulla rete troviamo due o tre versioni, io propongo una rilettura tratta dal manuale del Petroni, permettendomi delle piccole modifiche: strutturerò sostanzialmente in una sorta di "acquapazza modificata", metodo di lessatura in poca acqua che sublima il vero gusto dei pesci, sia lo scorfano che la gallinella; si regalerà così una intensità maggiore al tutto una volta formati e fritti i tortelli. Altra variazione: non ho utilizzato l'acciuga sottosale ma semi di finocchio e capperi, più delle borettane. IMPANNATA DI PESCE ALLA LIVORNESE, per 6: Per l'acquapazza: - Uno scorfano assai grande - Una gallinella assai grande - Abbondante prezzemolo - 3 spicchi d'aglio - Del pepe nero in grani - Olio evo, sale e pepe Per l'impannata, sfoglia: - 600 gr. di farina 00 - 6 cucchiai d'
Risotti di struttura: melagrana, radicchio di Verona e noci Pecan
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Per entrare gloriosamente nel bel mezzo dell'autunno regalatevi un sontuoso "viaggio della mente". Cucina, soddisfazioni all'ennesima potenza! Il principio ispiratore, come sovente accade nei miei esperimenti (ed i primi freddi mi portano caratterialmente ad osare di più), è il ponderare i contrasti, che di per sé sono assai preminenti. Volendo dare un punteggio: ad un grado 10 di dolcezza dei chicchi di melagrana si contrappone un 5 di amarezza del radicchio rosso veronese ed un altro 5 delle noci Pecan. Il gioco è fatto. Sbizzarritevi nel dosaggio degli ingredienti, a seconda di cosa desiderate far prevalere, l'importante è andare di mantecatura unicamente col burro. Credetemi, vi garantisco una cena di ampio successo con amici e parenti! Alè! VIALONE NANO ALLA MELAGRANA, RADICCHIO ROSSO DI VERONA E NOCI PECAN: 300 gr. di riso, tipo Vialone Nano 1 mazzo di media grandezza di radicchio rosso di Verona Delle noci, tipo Pecan 2 melagrane Abbondante burro 1\3 di por
L'abito fa il... cuoco!
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Nero e bianco sono oggigiorno il fulcro, un codice cromatico sul quale si impernia l'uniforme di cuochi, capisala e camerieri. Ma non è stato sempre così. Testimonianze bibliografiche ed icononografiche si sprecano, testimoniano un utilizzo di fogge e colori, i più vari e sgargianti, prima del XIX secolo. Chi esercitava potere, similarmente al proprio principe, lo scalco, il general manger della cucina, vestiva in maniera più ricercata ed elegante, il nero era alle volte centrale. Mentre, tra i fornelli, cuochi e sottocuochi, optavano per più compassati grembiuli bianchi, maniche grinzosamente rimboccate e berretti; i garzoni ed i lavapiatti, umili tra gli umili, spesso lavoravano addirittura a torso nudo. Lo scalco portava con sé ricercatezza e cura anche nell'apparire, non si concentrava unicamente sulla qualità della preparazione dei piatti e dei servizi offerti: "Deve lo scalco vestir politicamente ornatamente spesso di negro, da omo riposato e grave, conforme l'on
Le roschette e la Livorno ebraica
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"L'antichissima Gente Israelita, cui non fa la Fortuna acerbo il viso, alla Cuccagna sua Livorno invita..." Cosmopolita e multietnica come poche, Livorno accolse a braccia aperte gli ebrei provenienti dalla Spagna e sfuggiti ai roghi dell'Inquisizione. Liberi come l'aria, ricevettero numerosi privilegi (Le Leggi Livornine, circa cento anni dopo la promulgazione dell'Editto di Granada, post precedenti) ed in poco tempo divennero parte integrante del reticolato socio-culturale cittadino. I doni portatici, ovviamente, si riflettereno grandemente anche sugli aspetti più prettamente gastronomici. Roschette: "rosquetas", "rosquillas". Il nome ci fa capire quanto questo prodotto, popolarissimo nella città labronica, sia collegato alla cultura ebraico-spagnola ospitata: furono proprio loro ad introdurle in città. Guido Bedarida, noto studioso ebreo anconetano cresciuto a Livorno, in uno dei suoi livornesissimi sonetti, fa dire a Giacobbe Attias: &
Il bordatino alla livornese, vanto labronico
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Fagioli rossi, cavolo nero e farina gialla. Il bordatino alla livornese, gloria gastronomica labronica per eccellenza, è testimonianza autorevole del vissuto popolare cittadino; l'origine della ricetta è da ricercare nel mare magnum delle tradizioni relative alla cucina povera, verace come poche. Alcuni lo eleggono a primissimo simbolo culturale della città, ancor più del magnificente cugino cacciucco. In cucina avanzava sempre qualcosa dal giorno prima, sicché, cuocendo grandi quantità di fagioli rossi, alle volte si poteva riutilizzare il brodo di cottura nei giorni a seguire; in una pentola di terracotta si preparava una polentina di farina gialla, assai liquida, rimestando bene bene; a quest'ultima veniva aggiunto appunto il liquido dei legumi, denso. Nella "melma vischiosa" che si veniva a creare le due entità dialogavano, il brodo scuro tracciava delle righe nella farina gialla, ecco qui il richiamo al "bordatino": ci si riferiva ad un tessuto di coton
Torta al cavolo verza, zucca, ricotta, champignon e paprika
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Gli svuotafrigo di classe (che comunche non terminano mai). Dosi rigorosamente ad occhio, a seconda di gusti e preferenze! TORTA AL CAVOLO VERZA, ZUCCA, RICOTTA, CHAMPIGNON E PAPRIKA. - Pasta sfoglia rettangolare - Della verza - Della zucca - Mezza cipolla bionda - Mezzo spicchio d'aglio - 250/280 gr. di ricotta misa - Abbondante Parmigiano grattato - 3 uova medie - 2 champignon - Dei capperi sottosale - Dei pinoli - Delle olive nere denocciolate - Della paprika in polvere - Sale, pepe ed olio evo qb. Preparare un trito assai fine di mezza cipolla bionda e mezzo aglio, imbiondirlo in una ampia padella con olio evo, quindi porre la verza tagliata a striscioline (eliminando la vena centrale) e la zucca a tocchettini; portare a stufatura aiutandosi con dell'acqua, salare e pepare. In una ciotola mescolare la ricotta, il Parmigiano e le uova, quindi amalgamare con i funghi puliti e tagliuzzati, dei capperi sottosale passati precedentemente sotto l'acqua corrente, dei pinoli, de
Involtini di verza: massima resa, minima spesa!
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Parte ufficialmente la stagione dei cavoli e affini, pure la "stagione del cavolo", visti pioggia e vento. In orto-frutta troneggiano i cugini: broccoli, cavolfiori, il romanesco, il violetto, con il quale feci un vialone nano con noci Pecan e taleggio da leccarsi letteralmente i baffi, la verza. E poi c'e lui, re dei re, almeno per me, l'adorato cavolo nero, protagonista del mio amato bordatino alla livornese. Insomma, se anche la ribollita chiama, noialtri risponderemo a breve. Zuppe e minestre: apriti cielo! Nel frattempo mi sono perso in un classico, gli involtini di verza, che magari possono pure fungere da aperitivino se farcia e consistenza risultano un poco meno impegnative. I cultivar sono assai numerosi, specifici di determinati territori, sicché la reperibilità delle varie tipologie di verza non è uniforme su tutto il territorio nazionale, non è ovviamente garantita: il Violaceo di Verona, il Vetus, il Monarch, il S. Martino d'Asti, il Montalto Dora, Wi
Non solo scalchi: il potere dei trincianti a corte
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«Una festa magnifica, tutta ombra, sogno, chimera, finzione, metafora e allegoria.» (Cristoforo di Messisbugo, Banchetti, Compositioni di vivande et apparechio generale, Ferrara, 1549) Gli scalchi rinascimentali, general manager, godevano di enorme prestigio a corte per quanto concerneva la realizzazione ed organizzazione dei magnificenti banchetti, ma non solo: il loro "potere" era ampio tanto quanto quello esercitato dal nobile per il quale lavoravano, proprio perché era in primis a tavola, con l'allestimento degli sfarzosissimi imbandigioni e servizi (di cucina e di credenza), che si concretizzava e si sublimava la grandezza del nobile di turno. La scalcheria era un "bel servire", un'arte a tutto tondo che comprendeva anche interventi di musicisti, mimi e danzatori e che trovò massimo compimento nei servigi di Cristoforo di Messisbugo alla corte estense di inizio '500, sotto Alfonso I ed Ercole II. Ancor più dell'altro personaggio simbolo di qu