Non solo scalchi: il potere dei trincianti a corte

 «Una festa magnifica, tutta ombra, sogno, chimera, finzione, metafora e allegoria.»

(Cristoforo di Messisbugo, Banchetti, Compositioni di vivande et apparechio generale, Ferrara, 1549)

Gli scalchi rinascimentali, general manager, godevano di enorme prestigio a corte per quanto concerneva la realizzazione ed organizzazione dei magnificenti banchetti, ma non solo: il loro "potere" era ampio tanto quanto quello esercitato dal nobile per il quale lavoravano, proprio perché era in primis a tavola, con l'allestimento degli sfarzosissimi imbandigioni e servizi (di cucina e di credenza), che si concretizzava e si sublimava la grandezza del nobile di turno. 

La scalcheria era un "bel servire", un'arte a tutto tondo che comprendeva anche interventi di musicisti, mimi e danzatori e che trovò massimo compimento nei servigi di Cristoforo di Messisbugo alla corte estense di inizio '500, sotto Alfonso I ed Ercole II. 

Ancor più dell'altro personaggio simbolo di questo periodo, il cuoco varesotto Bartolomeo Scappi, operante in ambienti cardinalizi dove si imponeva necessariamente un profilo più compassato, Messisbugo realizzò la magnificenza più assoluta nella sua arte. 

Tra le altre "alte" figure spiccava sicuramente il "trinciante", cioè l'addetto al taglio delle carni. La carne rappresentava simbolicamente il potere del nobile, pietanza a disposizione unicamente dei ricchi; alla retorica verbale e sensoriale delle numerose vivande ne corrispondeva una gestuale: il trinciante, con la sua arte finissima, faceva letteralmente volteggiare ritualmente i pezzi di carne prima di servirli nel piatto. 

Il gesto, così palesemente ostentato, era parte di una più ampia "spettacolarità codificata" al servizio del padrone di casa, dove chi serviva e chi consumava era ben conscio del proprio ruolo attoriale. La cucina, ancor più "la tavola", erano il centro del tutto. Il potere.

Insomma, rigide regole, ruoli ben definiti, ritualità ed un'organizzazione piramidale delle varie e numerose figure che, direttamente o indirettamente, rendevano sfarzoso il banchetto. Ecco una breve elencazione:

- Lo scalco, il soprintendente delle cucine principesche ed aristocratiche: organizzava i banchetti, controllava il rifornimento e stoccaggio delle derrate alimentari, era il capo dei cuochi e della servitù, curava nei minimi dettagli la mensa del proprio signore, alle volte apparteneva a nobili famiglie e vestiva, a differenza del cuoco, in maniera assai ricercata.

- Il trinciante, ho già accennato sopra: "l'operazione deve avvenire "in aria" e si svolge secondo un rito gestuale quasi teatrale dove la mano sinistra imbocca con la forcina la vivanda e la solleva in alto, mentre la destra inizia a tagliare secondo regole anatomiche ben precise. I pezzi tagliati sono lasciati cadere sul piatto (senza essere toccati), poi salati e presentati al signore ed ai suoi commensali".

- Il coppiere: anch'esso di alto rango, offriva la coppa direttamente al suo signore durante il banchetto. Poteva permettersi di "prelevare per proprio uso i fiaschetti del vino rimasto imbevuto".

- Il bottigliere: "officiale subordinato al coppiere", era l'addetto alla gestione delle bevande, acqua e vino. L'assaggio: se la bevanda era avvelenata il nobile era salvo. Mi fermo qui...

- Il credenziere: responsabile diretto dell'allestimento della credenza, ne controllava ogni aspetto. Qui venivano predisposte le stoviglie, con cambio ad ogni servizio; venivano posti i cibi (preparati in anticipo) che si alternavano ai servizi di cucina.

 

 

Trinciante rinascimentale


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