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Visualizzazione dei post da gennaio, 2021

Baccalà crogiato all'aretina

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 4 porzioni. - Baccalà ammollato, 800 gr. - 3 filetti d'acciuga sott'olio - 1 e 1\2 cucchiai di capperi sottosale - 2 e 1\2 cucchiai di pangrattato - 2\3 di bicchiere di vino bianco - Del prezzemolo - Olio evo, sale e pepe qb. Tritare assai finemente le acciughe, i capperi precedentemente passati sotto l'acqua corrente ed il prezzemolo; mescolare il tutto con il vino bianco aggiungendo anche abbondante olio, pangrattato, poco sale e del pepe. Togliere accuratamente le lische al baccalà, quindi ridurlo a tranci non troppo fini assieme alla sua pelle; ungere una pirofila da forno con olio, adagiare i pezzi di baccalà e napparli con la salsa. Cuocere in forno statico a 180 gradi per circa mezz'ora. Servire subito.

Tonno "briao" alla livornese

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4 porzioni. - 4 tranci di tonno fresco, tagliati non troppo finemente - 1\2 cipolla bionda - 1 spicchio d'aglio - Della farina - Del prezzemolo - 1\2 bicchiere di vino rosso - Olio evo, sale e pepe qb. Infarinare accuratamente i tranci di tonno, tritare assai finemente prezzemolo, cipolla e aglio facendoli imbiondire in olio in padella; porre il tonno, salarlo e peparlo, sfumare velocemente con del vino rosso girando le fette due volte per ogni lato. Servire subito nappando con altra salsa.  

L'alimentazione etrusca - I cereali

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Lo stesso seme può rendere in un posto dieci volte; in un altro, come in alcune zone dell'Etruria, fino a quindici volte.  Marco Terenzio Varrone, De re rustica . Numerosi documenti testimoniano l'estrema fertilità del territorio dell'Etruria rispetto al resto dell'Italia antica; l'agricoltura etrusca aveva il pregio di realizzare modalità di produzione assai avanzate, che potevano generare quantità e qualità elevate dei prodotti alimentari. Nel celebre trattato agronomico De re rustica di Marco Terenzio Varrone si delinea una regione geografica all'apice per quanto concerne l'uso delle tecniche di produzione cerealicola; nonostante i colpi subiti dalla conquista romana le città etrusche offrivano ancora un'ampia varietà di prodotti alimentari: il frumentum era al centro del tutto.  L'estesa diffusione della tecnica del maggese consentiva agli Etruschi di assicurare alta produttività ai campi: la continua rotazione biennale delle colture

Aldo Santini ed i brigidini di Lamporecchio

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 "Ecco dei dolci, anzi delle leccornie (l'Artusi le definisce giustamente dei "trastulli") che dalla provincia di Pistoia sono straripate nell'Italia intera. I brigidini di Lamporecchio, rammentati nelle opere di molti scrittori toscani, Giusti, Fucini, Cicognani, Tozzi, Pratolini, Palazzeschi, hanno la loro brava fama nazionale.  Sono delle cialde rotonde, a base di farina, zucchero, uova e anice, cotte (una volta) con le forbici a tenaglia, le antiche "forbici dei brigidini", dove le lame erano sostituite da due stampi di ferro decorati con geometrie e disegni. I vecchi sacrestani ricorderanno che nel passato, in chiesa, le ostie si preparavano con queste forbici, scaldate sul fuoco.   Il nome "brigidini" deriva forse dal fatto che i primi trastulli sarebbero stati confezionati dalle suore del convento di Santa Brigida a Pistoia. Ma Osvaldo Rinati, che a Lamporecchio ha creato una piccola industria di brigidini (e torroni), in grado di poter

Vellutata broccoli, conference, macadamia e Bleu d'Auvergne

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- 2 mazzetti di broccoli - 1 e 1/2 pere conference o kaiser - Mix di noci e noci di macadamia  - 80 gr. di Bleu d'Auvergne - 1/3 di cipolla bianca  - Del timo  - Del burro  - Olio evo, sale e pepe qb. - Del brodo vegetale  Passare velocemente in padella antiaderente i due tipi di noci, quindi tagliuzzarli grezzamente e mettere da parte. Preparare un trito fine di cipolla bianca e del brodo vegetale; pulire accuratamente i broccoli e tagliare a metà le cime, sbucciare le pere eliminando il torsolo e ridurle a tocchetti. Fare andare la cipolla in poco olio in pentola, quindi porre broccoli e pere allungando con poco brodo vegetale (dimodoché la vellutata, successivamente, risulterà assai ristretta); al bollore, coperchiare e cuocere a fiamma media per circa 10 minuti, quindi spegnere il fuoco e amalgamare del burro. Frullare il tutto a crema col mixer ad immersione e aggiustare di sale e pepe. Servire caldo con tocchetti di formaggio Bleu d'Auvergne, una spolverata di noci ed una

Cucina "povera" che diventa "ricca": i pannicelli della Val di Chiana

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Basta andare indietro nel tempo di soli 100 anni. Nella odierna patria della razza chianina, orgoglio cultural-territorial-gastronomico di questa specifica fascia di terra della Toscana, dell'Umbria e del Lazio, si scoprono ricette e tradizioni figlie delle necessità e delle stagionalità, del "non buttar via mai nulla"; dopo il duro e stancante lavoro nei campi il pasto dei contadini si concentrava principalmente sul consumo di pane, verdure a profusione, cereali. Già nel XVIII secolo questa specifica zona geografica era conosciuta come il "Granaio d'Italia", dopo le imponenti opere di bonifica effettuate a fine '700 dal Granduca di Toscana Pietro Leopoldo I; territorio che quindi poteva offrire, seppur nella povertà generalizzata dell'entroterra, grano, orzo, ortaggi, legumi, formaggio ed uova. Se avanzavano ritagli di pasta fresca ovviamente i possibili scarti tornavano protagonisti di una nuova ricetta l'indomani, una specie di maltagliati d

Gialla come le ginestre: la ginestrata

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"Si usava servirla come corroborante agli sposi che tornavano dal viaggio di nozze, duramente provati dalle fatiche d'amore". Gialla come le ginestre, tonificante, aristocratica e... afrodisiaca! Più scavi, studi, attingi da fonti e più ti stupisci. Mi è saltata subito agli occhi la storia della cinestrata, o ginestrata, una minestra che affonda parte delle sue origini nel territorio del Chianti e della Val di Chiana: sostanzialmente un brodo di gallina, oppure anche di pollo, con marcate reminiscenze rinascimentali, l'utilizzo di cannella, noce moscata e zucchero a velo ci svela molto della sua origine. In più abbiamo dei rossi d'uovo mescolati col vinsanto.    Piatto sconosciutissimo, oggi. Primissime tracce, allo stato embrionale, le troviamo in un ricettario trecentesco catalano; due secoli dopo le gesta del mitico scalco ferrarese Messisbugo (ed i suoi testi) ci paleseranno questa preparazione, assai più corposa: niente brodo, ma la presenza di latte, farina

Cluny: il rigore tra orto e cucina

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L'ordine cluniacense è stato uno dei più ricchi della storia, anche se cercava di ispirarsi ad un modello assai povero di alimentazione. Oltre alla ritualità gestuale "culinaria", che doveva sostituire in toto la parola seguendo la Regola di Benedetto, altri momenti solenni e carichi di significato erano quelli relativi alle attività dell'orto.  Metà XI secolo, Ulrico di Zell, nelle sue Consuetudines Cluniacenses, ci informa di ciò, circa la raccolta, pulitura e cottura delle fave, centralissime nell'alimentazione monastica e contadina del tempo: i "settimanari di cucina", monaci che si alternavano periodicamente in turni, dovevano raccogliere le fave nel mentre che suonava la campana dei Vespri; finita la liturgia lavarle tre volte sotto l'acqua corrente e lasciarle in ammollo una notte all'interno di un recipiente ben chiuso.  La mattina dopo dovevano risciacquarle nuovamente tre volte e quindi porre il "caldarium" sul fuoco di cucina

Pan molle di Prato

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Sostanzialmente il cugino dell'estiva panzanella. Questa preparazione assai sfiziosa è conosciuta anche come "alla ghiotta", poichè un'altra versione piuttosto accreditata prevede anche l'utilizzo di carciofini, funghi sott'olio e filetti d'acciuga, accompagnati da una dadolata di pane raffermo, ammollato e spezzettato. Una ricetta sana e veloce, che si presta piacevolmente ad alcune modifiche sostanziose: ho utilizzato il mitico pomodoro camone, un excursus tra Sardegna e Sicilia; rosso scuro con striature verdi evidenti, è fonte come pochi di carotenoidi, potassio e vitamina C. PAN MOLLE DI PRATO, per 6: - 6 fette di pane ai 5 cereali, rafferme - Del rosmarino - Dell'alloro - 2 chiodi di garofano - 7 camoni - 1 cipolla bionda - 1\2 cetriolo - 1 porro - 1 gambo di sedano - 6 ravanelli  - 2\3 di bicchiere di vino bianco - Aceto bianco - Olio evo, sale e pepe qb. In una zuppiera piuttosto ampia versare dell'acqua fredda assieme al vino bianco, i chi

Tra euforia ed evasione: caffè e tè tra XVII e XVIII secolo. Seconda parte

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La fortuna della nuova attrazione, il caffè, fu assai contrastata fra Olanda ed Inghilterra. Situazione che si contrapponeva al mood di mezza Europa: durante il XVIII secolo era possibile imbattersi nei numerosi locali alla moda per la degustazione della scura bevanda.  Un primo carico di tè, proveniente direttamente dall'India, giunse intorno alla prima decade del 1600 ad Amsterdam; nel 1635 abbiamo le prime tracce in Francia e solo dopo la metà del secolo lo troviamo in Inghilterra, grazie agli olandesi. In Olanda il tè era già diventato una bevanda di massa: inebriante quanto la birra, quest'ultima subì una brusca frenata per quanto concerne i consumi, scalzata dalla nuova arrivata. Si ritiene essere veritiera una massimale assunzione di tè fino a 100 tazze al giorno. Ed ecco nuovamente palesarsi l'arte medica che giustifica l'eccesso, tanto che era naturale "elargirne 50 unità agli ammalati in 24 ore": "Si dia tè a tutti i popoli della Terra, ad ogni

Frascadei della Lunigiana

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"Minestra fatta coi négri, patàc e farina d’fùrmantùn”. E proprio di questa, definita in dialetto, ecco la ricetta." Ricettario ottocentesco. Ovvero, togliere i fagioli alla più rinomata polenta incatenata aggiungendo mortadella e lardo. Torno nuovamente nell'Alta Toscana dove, soprattutto nel territorio pontremolese, le tradizioni gastronomiche, e di conseguenza le ricette, si intrecciano in un perpetuo, rutilante mescolarsi e rinnovarsi: mi sono già speso, nei post precedenti, su come sia piuttosto comune l'avere a dispozione piatti sostanzialmente simili, anche tra due paesi geograficamente vicini, ma con peculiarità proprie che ne caratterizzano l'essenza. Ricetta gustosissima, di un certo spessore! FRASCADEI DELLA LUNIGIANA (O DI PONTREMOLI), per 6: - Farina di mais, 250 gr. - 2 patate non troppo grosse - 1 mazzo di cavolo nero - Mortadella in una fetta, 100 gr. - Lardo di Colonnata, 50 gr. - 1\ e 1\2 spicchi d'aglio - Del prezzemolo - Olio evo, sale, pep

Tra euforia ed evasione: caffè e tè tra XVII e XVIII secolo. Prima parte

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Vino e birra. Per molti secoli furono al centro dei consumi alimentari di intere popolazioni europee.  Per sommi capi si possono localizzare all'interno di due aree geografiche: la birra nella parte centrale e settentrionale del continente ed il vino nella zona sud e costiera. Il consumo pro capite di vino, intorno all'anno Mille, trasversalmente fra regioni e classi sociali, si attestava mediamente attorno ai tre litri; questo aspetto si evidenzia in particolar modo nel 1500, quando, con l'utilizzo di molti cibi conservati sotto sale, assai comuni fra le classi sociali più povere, il senso della sete era assai marcato; il vino costituiva una sorta di alimento a sé stante, apporto calorico sostanzioso, quando la tipologia di dieta era monotona o povera.   "Alcuni vivono questa bevanda più che del cibo vero e proprio; tutti ne hanno bisogno, uomini, donne, vecchi, sani e malati". J. Brettschneider, 1551. Al consumo di vino erano anche attribuite delle peculiarità t

Taragna con luganega, cardoncelli e casera

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- 300 gr. di taragna - 2 salsicce di luganega - 1 confezione di cardoncelli - 150 gr. di casera - 1\2 cipolla bianca - 1 spicchio d'aglio - 1 peperoncino - Del prezzemolo - Sale, pepe e olio evo qb. Lavare sotto l'acqua corrente i cardoncelli, eliminare la parte terminale, quindi ridurli a striscioline e tocchetti non troppo fini; eliminare il budello dalla luganega e spezzettarla. Preparare un trito di cipolla, aglio e prezzemolo, soffriggerlo brevemente in padella in olio assieme al peperoncino; versare quindi i funghi e la salsiccia e cuocere per meno di 10 minuti, irrorando eventualmente con un poco di brodo vegetale caldo, salare e pepare. Tagliare a tocchetti il casera. In una pentola antiaderente versare 1 l e 1\2 di acqua e portare ad ebollizione, salare, abbassare la fiamma e cominciare a versare le due farine, a più mandate e rimestando copiosamente per evitare la formazione di grumi; dopo circa 5-6 minuti spegnere la fiamma ed amalgamare i tocchetti di formaggio. Dis

La fame contadina in Europa tra '500 e '600: cittadini versus campagne

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Cibo, al centro dei conflitti, la ferocia borghese. 1573, Troyes. Si racconta di come, in maniera assai repentina, la città si riempì di poveri e diseredati, affamati, provenienti dalle campagne circostanti, marea umana che rappresentava un problema di non poco conto per la città in termini di sicurezza. Le autorità cittadine organizzarono una frettolosa assemblea per capire come porre rimedio alla questione: si decise di cuocere, in vari forni sparsi per la città, diversi chili di pane, in fretta e furia, da distribuire agli affamati assieme ad una moneta d'argento.   "I poveri furono tutti ammassati nelle vicinanze di una delle porte cittadine, ricevettero ciò che chiedevano. Uscito l'ultimo disgraziato, fu urlato loro, dall'alto delle mura, di andarsene con Dio per cercare altrove di che vivere, senza mai più farsi vedere".   Questo espisodio, neppure tanto violento, è testimone della grave crisi alimentare manifestatasi in molte parti d'Europa tra le fasce

Cremosa al semolino, ricotta, vaniglia, agrumi, pinoli e sultanina

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- 150 gr. di semolino - 800 gr. di latte parzialmente scremato - 3/4 di scorza di un limone ed una arancia - 1 bustina di vanillina - 40 gr. di burro - 3 uova - 250 gr. di ricotta mista - Dei pinoli - Dell'uvetta sultanina  - 180 gr. di zucchero - Dello zucchero di canna Ricavare le scorze dagli agrumi ponendo attenzione a non tagliare la parte bianca più interna; scaldare il latte aggiungendovi le bucce ed il burro ammorbidito. Appena il latte inizia a bollire abbassare al minimo la fiamma, togliere con una spumarola le scorze e, a più riprese, amalgamarvi il semolino e la vanillina, rimestando copiosamente; continuare fino ad avere un composto assai denso; mettere il tutto da parte a raffreddare. Versare lo zucchero e le uova in planetaria, montare ad altà velocità fino a che il composto risulterà assai spumoso e chiaro; aggiungere la ricotta abbassando la velocità della planetaria. Appena il semolino cotto sarà completamente raffreddato aggiungerlo agli altri ingredienti assieme

Il colore del pane ed i "pulmenta": breve excursus nell'Alto Medioevo

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Nel mondo romano il frumento assunse un ruolo da protagonista, era a tutti gli effetti considerato un elemento per sfarinati di pregio, ampiamente diffuso. Con l'avvento della crisi del III secolo nell'Impero, si realizzarono alcuni cambiamenti piuttosto evidenti anche nella tipologia di alimentazione. Ristagnando le tecniche agronomiche ed essendo il frumento un bene che richiedeva smisurate attenzioni con, in proporzione, una resa assai modesta, si diffuse l'utilizzo di cereali che potevano garantire produzioni e adattabilità territoriali maggiori: miglio, spelta, sorgo, panìco, segale, orzo e avena. Per alcuni, conosciuti già da secoli, come la segale, si realizzò un processo di "rilettura antropologica" da parte delle popolazioni, da accezione totalmente negativa ad assimilazione culturale: utilizzata grandemente per la nutrizione animale nei tempi precedenti e nominata dai latini "mala erba", cominciò ad essere lavorata per la panificazione. Con una