Tra euforia ed evasione: caffè e tè tra XVII e XVIII secolo. Prima parte

Vino e birra. Per molti secoli furono al centro dei consumi alimentari di intere popolazioni europee. 

Per sommi capi si possono localizzare all'interno di due aree geografiche: la birra nella parte centrale e settentrionale del continente ed il vino nella zona sud e costiera. Il consumo pro capite di vino, intorno all'anno Mille, trasversalmente fra regioni e classi sociali, si attestava mediamente attorno ai tre litri; questo aspetto si evidenzia in particolar modo nel 1500, quando, con l'utilizzo di molti cibi conservati sotto sale, assai comuni fra le classi sociali più povere, il senso della sete era assai marcato; il vino costituiva una sorta di alimento a sé stante, apporto calorico sostanzioso, quando la tipologia di dieta era monotona o povera. 

 "Alcuni vivono questa bevanda più che del cibo vero e proprio; tutti ne hanno bisogno, uomini, donne, vecchi, sani e malati". J. Brettschneider, 1551.

Al consumo di vino erano anche attribuite delle peculiarità terapeutiche e veniva sovente utilizzato in campo medico per la realizzazione, come base, di prodotti farmaceutici. Un altro aspetto non di poco conto da considerare sull'uso oceanico del vino è da correlare al fatto che, perlomeno fino al XIX secolo, si riscontrò una certa difficoltà nel reperire acqua sana e pura, sicché la si mescolava per avere una sorta di antisetticità.

Stesso discorso per la birra: si ritiene che nella Svezia del XVII secolo la stragrande maggioranza della popolazione ne bevesse circa 40 volte di più rispetto ad adesso, mentre, tra gli inglesi, ci si accontentava di "banalissimi" 3 litri giornalieri.

Verso l'inizio del XVII secolo assistemmo alla diffusione di nuove tendenze in campo alimentare, quelle che gli studiosi chiamano "le nuove droghe", in contrapposizione al binomio birra-vino e soprattutto alle spezie, quest'ultime grandemente in uso durante il Medioevo. 

Distillati, cioccolato, soprattutto tè e caffè, le nuove "mode", affiancarono o, in alcuni casi, sostituirono vino e birra, in maniera assai disuniforme tra la popolazione del continente europeo, almeno nei primi anni. Erano considerati elementi di massima socializzazione, regalavano svago, euforia ed evasione, concetto che poco si sposava però con la concezione cristiana del vivere; ed ecco allora la medicina metter le mani avanti, giustificare: subito si affermò che queste bevande potevano avere un aspetto positivo sulla salute, diremmo "fanno bene".

Il caffè è originario dell'Etiopia e di altri paesi della zona orientale dell'Africa. Fu introdotto in Arabia del sud intorno al XIII secolo e proprio in questi territori iniziò una sua primissima coltivazione, maggiormente estesa. Da queste zone geografiche migrò verso l'Egitto per poi arrivare nell'Impero turco e spingersi fino in India. 

Una prima attestazione della presenza del caffè in Europa la abbiamo solamente intorno alla seconda metà del 1500, grazie all'opera dei mercanti veneziani. Un successo planetario, subito dopo: all'epoca, si contavano già numerose coltivazioni in diversi possedimenti coloniali, Giava, grazie agli olandesi, nell'America centro meridionale ad opera di portoghesi e spagnoli, nelle Antille con i francesi.

1643: Parigi, arriva il caffè. La città è il centro della fortuna europea della bevanda. La moda del caffè comincia a dilagare, soprattutto negli anni successivi e non solo come svago:

"Il caffè secca gli umori freddi, rafforza il fegato, combatte la scabbia e la corruzione del sangue, allevia i dolori di stomaco, protegge, col fumo, dalle infezioni agli occhi e dai raffreddori". Jacob Spon.

Nella bella Parigi, intorno al 1670, era tutto un degustare la droga di massa, i vari locali pullulavano di gente euforica, come il "Procope", il più frequentato, messo su dall'italiano Procopio Coltelli: già alla fine degli anni '80 era assai celebre addirittura fuori Parigi.

Stessa sorte in Italia, Germania, Inghilterra, Portogallo e Spagna. Nel 1687 a Londra, in Tower Street, aprì la prima caffetteria e fu subito boom: nel 1700 si contavano addirittura 3000 locali sparsi per tutta la città; la diffusione del caffè sarà però assai concentrata a livello temporale: grazie all'operato della Compagnia delle Indie esso verrà presto sostituito dal tè. 

A livello antropologico il caffè assunse una marcata valenza simbolica, poiché eletto a simbolo ed alleato prezioso della nuova cultura razionalistica ed illuminista del tempo: la bevanda conferiva acutezza di mente e libertà di pensiero, lucidità, concentrazione ed investì anche l'etica del lavoro borghese.

"Mentre prima artigiani e commessi la mattina bevevano vino e birra, appesantendosi la testa senza più poter lavorare seriamente, adesso questa nuova bevanda fa star sveglia la gente, sono sobri". James Howell.

Alcuni trattati ne decantavano le proprietà, come il Traité nouveau et curieux du café, du thé et du chocolat del mercante Sylvestre Dufour, sorta di bibbia per molti all'epoca. Nel XVIII secolo inoltrato ormai il caffè è trasversalmente ed ampiamente consumato fra tutte le classi sociali, poiché sempre più accessibile da un punto di vista economico:

"Anche gli operai hanno trovato questo alimento più economico, più nutriente, più saporito di ogni altro. Di conseguenza ne bevono una quantità enorme e dicono che li sostiene spesso fino a sera". Tableau de Paris, L. S. Mercier.

Prossima tappa il tè.

Riferimenti bibliografici:

Montanari, M., La fame e l'abbondanza. Storia dell'alimentazione in Europa, Laterza, Roma-Bari, 1993.

Flandrin J-L. e Montanari M. (a cura di), Storia dell'alimentazione, Laterza, Roma-Bari, 1997. 

Caffè


 

 




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