Tra euforia ed evasione: caffè e tè tra XVII e XVIII secolo. Seconda parte

La fortuna della nuova attrazione, il caffè, fu assai contrastata fra Olanda ed Inghilterra. Situazione che si contrapponeva al mood di mezza Europa: durante il XVIII secolo era possibile imbattersi nei numerosi locali alla moda per la degustazione della scura bevanda. 

Un primo carico di tè, proveniente direttamente dall'India, giunse intorno alla prima decade del 1600 ad Amsterdam; nel 1635 abbiamo le prime tracce in Francia e solo dopo la metà del secolo lo troviamo in Inghilterra, grazie agli olandesi.

In Olanda il tè era già diventato una bevanda di massa: inebriante quanto la birra, quest'ultima subì una brusca frenata per quanto concerne i consumi, scalzata dalla nuova arrivata. Si ritiene essere veritiera una massimale assunzione di tè fino a 100 tazze al giorno. Ed ecco nuovamente palesarsi l'arte medica che giustifica l'eccesso, tanto che era naturale "elargirne 50 unità agli ammalati in 24 ore":

"Si dia tè a tutti i popoli della Terra, ad ogni uomo e ad ogni donna, lo si beva ogni giorno e possibilmente a tutte le ore, incominciando con 10 tazze al giorno per aumentare in seguito la dose e arrivare al massimo che lo stomaco può sopportare ed i reni possono espellere." Cornelius Bontekoe, Università di Francoforte.

Intorno al 1720, tra Middlesex e Surrey, gli operai inglesi cominciarono progressivamente a consumare tè a scapito della birra, assai più costosa, mentre tra il 1760 ed il 1795 le importazioni in questa regione passarono da 5 a ben 20 milioni di libbre (disponibilità di 900 g per abitante). A queste cifre mostruose si aggiunse ovviamente il contrabbando che ebbe un peso, se non paritario, leggermente inferiore. La città, il proletariato urbano, arrivò poco dopo: all'inizio del 1800 gli operai dei comparti industriali cittadini si nutrivano quasi esclusivamente di pane e di tè.

Le "nuove droghe", come alcuni Autori sottolineano, hanno avuto la meglio; l'euforia e l'evasione, tipiche caratteristiche di caffè e tè, hanno così sostituito in maniera strutturale il consumo di vino e birra, precedentemente considerato marchio distintivo delle culture delle società europee, assimilazione antropologica massimale carica di significati.  

I processi di evoluzione alimentare sono anche connotati da elementi di feroce critica. Sebbene caffè e tè abbiano grandemente attecchito durante questo periodo in tutta Europa, si levarono però delle voci assai contrarie al mood corrente:

"Il caffè è nocivo, ha un carattere dispotico ed autoritario. Vediamo con vero terrore che questa bevanda, grazie alle qualità che intensamente le si attribuiscono, soppianta quasi completamente l'uso del vino, quantunque si debba dire che né il sapore, né l'odore, né il colore, né la sostanza sono degni d'esser paragonati nemmeno alla feccia, dico, la feccia del vino!" Dr. Colomb, Collegio Medico di Marsiglia, 1679.

Ma la storia è storia, anzi, la Storia è Storia! Questo fu. 

I nuovi consumi, descritti in questo post e nel precedente, portarono una marcata alterazione negli equilibri alimentari della tradizione; nuovi bisogni e desideri, la smania di droghe "più forti", fecero breccia in una società comunque assai dilaniata e tormentata dalla fame, come fu l'Europa del XVIII secolo.

Riferimenti bibliografici:

Montanari, M., La fame e l'abbondanza. Storia dell'alimentazione in Europa, Laterza, Roma-Bari, 1993.

Flandrin J-L. e Montanari M. (a cura di), Storia dell'alimentazione, Laterza, Roma-Bari, 1997.

 

Tè



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