Alimentazione carnea, caccia ed allevamento in epoca etrusca

Ad un discreto utilizzo di legumi, nell'alimentazione etrusca, andavano di pari passo caccia ed allevamento, assai strutturate nello stile di vita del tempo. E nuovamente, testimonianze archeologiche e documentazioni scritte ci testimoniano usi e costumi della società e del regime alimentare adottato. 

Il maiale, come ci suggeriscono varie fonti, era al centro del tutto e capillarmente allevato, con una destinazione esclusivamente alimentare rispetto a ovini e bovini, anch'essi molto presenti tra il popolo etrusco: boschi e querceti ricchi di ghiande, assai diffusi nell'Etruria del periodo, assieme alle condizioni climatiche specifiche, favorivano grandemente la stanzialità di questo animale nella regione.

Lana, latte e formaggi erano a disposizione grazie all'allevamento di ovini e caprini, particolarmente presenti nelle zone territoriali odierne di Pisa e Cerveteri (Licofrone, Alexan. X, 4, 7-8 e Plinio, Epist. VIII, 20). Come già specificato in un post precedente, la presenza capillare del sistema del maggese, l'alternanza biennale delle colture, permetteva ed incentivava, equilibrandoli, sia l'agricoltura sia l'allevamento, effettuati nel medesimo fundus. E pazienza se la voracità caprina alle volte causava grosse devastazioni nei campi...

Aratura e quasi mai alimentazione: i bovini erano spessissimo allevati per questa pratica; capillarmente diffusi in tutti i territori etruschi, questi animali erano funzionali per svolgere i lavori di forza nei campi.

Tra le poche testimonianze letterarie giunteci, Ecateo ci palesa la centralità di galli e galline nella società etrusca; anche le numerose raffigurazioni pittoriche nelle scene di banchetto delle tombe ci vengono in aiuto: ecco una marcata presenza di questi animali nel regime alimentare, le galline erano allevate principalmente per le loro uova. Ed in più troviamo pernici, piccioni, anatre ed oche.

Alla pratica dell'allevamento si affiancava, sullo stesso binario della storia, quello della caccia. Gli Etruschi, abilissimi, avevano a disposizione una grande quantità di animali selvatici da potersi accaparrare: lepri, cinghiali, cervi, volpi in primis, carpendoli con reti, spade variamente forgiate, giavellotti o con il caratteristico lagòbolo, particolare bastone ligneo. E per gli uccelli di palude si andava di fionda, come ci palesano le raffigurazioni nella Tomba della Caccia e della Pesca di Tarquinia.

Ecco alcuni spunti sul fronte archeologico. Vulci, presso l'abitato di Sorgenti della Nova: alcuni scavi hanno portato alla luce dei resti ossei che ci confermano la centralità del maiale ed un allevamento quasi paritetico di bovini e caprovini; si delinea un rapporto percentuale, rispettivamente, di circa il 60, 13 e 17 %. Tra gli animali selvatici cacciati, in specifico riferimento al territorio di Vulci, era presentissimo il cinghiale, consumato in modo massiccio. 

Ci spostiamo nuovamente sul Lago di Bolsena, nel sito archeologico del Gran Carro: ecco alcuni resti ossei che ci testimoniano la presenza di numerosi animali domestici, quali buoi, pecore, capre e maiali; a seguire i selvatici, circa la metà. In questa zona la caccia suscitava meno interesse rispetto all'allevamento: troviamo, in maggior quantità, cervo, capriolo e qualche frammento osseo di orso bruno.

Un altro apporto, a Nord: in area padano-etrusca, presso Marzabotto, sono ben documentati animali domestici come il bue, il sempiterno maiale, capre, pecore e si palesa anche una discreta presenza di volatili domestici; tra i selvatici ecco il capriolo, l'orso bruno, il cervo, la lepre ed il cinghiale.

Tomba della Caccia e della Pesca



 


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