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Friands ai mirtilli, cioccolato bianco e vaniglia

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 Circa 14 friands - 250 gr. di zucchero a velo - 5 albumi - 200 gr. di burro - 42 mirtilli - 100 gr. di farina di mandorle - 110 gr. di farina 00 - Del cioccolato bianco - Pochissimo sale - 1\2 bacca di vaniglia - 1\2 cucchiaino di lievito per dolci Mescolare in planetaria la farina 00, il lievito, lo zucchero a velo e la farina di mandorle, setacciandoli accuratamente. Aprire a metà la mezza bacca di vaniglia ed estrarre i semi, porli nel burro fuso. Versare il burro raffreddato nelle farine, assieme agli albumi non montati, aggiungendo un pizzico di sale. Amalgamare a bassissima velocità fino ad ottenere un composto piuttosto omogeneo. Riempire 14 pirottini prestando attenzione a non superare i 3\4 della loro capienza. Livellare e porre in ciascuno 3 mirtilli e delle scaglie di cioccolato bianco. Cuocere in forno statico per circa 25 minuti a 160 gradi.

Il ristorante: un luogo tra muri ed open space

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Istituzionalizzare un luogo, definirlo diversamente, cambiare i parametri mentali. Possiamo affermare che il ristorante in quanto tale, nell'accezione moderna, nasce in Francia, a Parigi, nella seconda parte del XVIII secolo, mentre dopo la rivoluzione del 1789 si nota una estrema capillarizzazione territoriale: esso diventa il luogo perfetto designato ad interpretare il nuovo sentire, con una sua specifica peculiarità nel tempo e nello spazio. Le pratiche di cucina parigine e l'affinamento del gusto si diffondono in un ambiente inedito che deve essere vissuto in primis da un gruppo predefinito di persone, con una netta separazione dei tavoli e dei luoghi. A differenza delle osterie e delle taverne, caotiche, tipiche dei periodi precedenti, dove ci si ritrovava al tavolo assieme a sconosciuti un poco a caso, adesso sono totalmente cambiati l'approccio, il  gusto , la simbologia collegata all'atto del consumare il cibo in gruppo. Convivialità specifica, affinamento del

Coniglio all'etrusca in agrodolce

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 Per 4 - Coniglio a pezzi, 1 kg. - Un abbondante trito di sedano, carota, cipolla ed aglio - Pancetta stesa in una sola fetta, 100 gr. - 1\2 bicchiere di vino bianco - 1 cucchiaio abbondante di miele d'acacia - Dei pinoli - Dell'uvetta - 1 cucchiaio e 1\2 di succo di limone - 1\3 di bicchiere di aceto di vino bianco - Olive nere denocciolate, 200 gr. circa - Del rosmarino - Della salvia - Olio evo, sale e pepe qb. Rinvenire l'uvetta, sciogliere il miele nel vino insieme all'aceto ed al succo di limone. In un ampio tegame versare abbondante olio e appassire gli odori assieme ad una dadolata di pancetta, quindi insaporire velocemente i pezzi di coniglio; sfumare con l'emulsione a fiamma vivace quindi abbassare il fuoco, porre l'uvetta rinvenuta e strizzata, i pinoli, della salvia e del rosmarino, regolare di sale e pepe, coperchiare e proseguire la cottura per 45-50 minuti a fiamma dolce, rivoltando spesso la carne e prestando attenzione che il coniglio cuocia in

Cucina: la Livorno d'antan, l'Inno di Garibaldi

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L'Inno di Garibaldi, ovvero la Livorno d'antan. Sapori e tradizioni di un tempo perduto riproposti, una trentina di anni fa, dal grande Aldo Santini, giornalista labronico purosangue che più di ogni altro ha scandagliato meticolosamente i meandri della variopinta cultura livornese. Tra le varie pubblicazioni dell'autore si annovera la mitica "La nostra cucina - ricette e storie nella tradizione di Livorno e della sua provincia", prolifica collaborazione editoriale con il quotidiano cittadino "Il Tirreno". Ne scaturì una serie di schede tematiche, assai dettagliate, sulle ricette storiche tipiche di Livorno, intrise di suggestive esperienze personali legate al cibo; ricette perdute, molte delle quali, già a quei tempi, ormai fuori dai menù dei ristoranti e assai poco conosciute dalla popolazione. La cucina tradizionale livornese è figlia della semplicità, della povertà e della funzionalità del riciclo; le economie domestiche insegnavano a riutilizzare i p

Crema di cicerchie, ceci neri e fave spezzate di Castelluccio di Norcia con crème fraiche al limone

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Per 4 - 100 gr. di cicerchie di Castelluccio di Norcia - 100 gr. di ceci neri di Castelluccio di Norcia - 100 gr. di fave spezzate di Castelluccio di Norcia - 1 porro medio - 1 patata media a pasta gialla - 1 costa di sedano - 1\2 carota - 1 rametto di rosmarino - Dell'alloro in foglie  - 150 gr. di crème fraiche - 1\2 limone non trattato, scorza - Sale, pepe e olio evo qb. Ammollare i ceci neri e le cicerchie per 24 ore, le fave spezzate per 6; per i ceci e le cicerchie sarà maggiormente funzionale sostituire due volte l'acqua, eliminando le impurità. Tagliare a rondelle il porro nella parte più tenera, eliminando lo strato esterno, ridurre a cubetti la carota già pelata ed a listarelle il sedano. Rosolare porro e carota in abbondante olio, in pentola, quindi aggiungere per ultimo la patata e lasciar insaporire per poco, aggiungendo dell'acqua. Porre prima i ceci neri e le cicerchie unitamente al rosmarino ed a due o tre foglie d'alloro, coprire a filo con acqua e sobb

Crudité di verdure, couscous con pesto di spinacini e mandorle, vinaigrette alla senape e miele d'acacia

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Per 4 Per il pesto: - 80 gr. di spinacini - 50 gr. di mandorle pelate - 150 gr. di olio evo - 1\2 limone, scorza - 50 gr. di parmigiano grattugiato - Sale e pepe qb. Per la vinaigrette: - 3 cucchiai di aceto di vino bianco - 6 cucchiai di olio evo - 2 cucchiai scarsi di miele d'acacia - 1\2 cucchiaio di senape delicata - Sale e pepe qb. - 200 gr. di couscous precotto - Verdure miste, a piacere: cavolo cappuccio, ravanelli, finocchi, carote, foglie di spinacino - Dei semi di papavero - Dei semi di sesamo - Poca scorza grattugiata di limone Frullare contemporaneamente tutti gli ingredienti per il pesto, allungando con altro olio se la salsa risultasse eccessivamente ristretta. Emulsionare con un mixer ad immersione gli ingredienti della vinaigrette fino ad ottenere un colore omogeneo: la quantità della senape potrà variare a seconda dei gusti. Affettare finemente ed a striscioline il cavolo, parimenti le altre verdure, quindi disporle su un piatto da portata assai grande, assieme a d

Nella Roma antica, tracannando vino...

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Buon vino, ed abbondante, per palati piuttosto esigenti, se non raffinati. In epoca romana era frequente assumere il vino annacquandolo copiosamente, senza ritegno, diremmo oggi; inoltre lo si consumava caldo in inverno e particolarmente fresco durante il periodo estivo.  Il magister , commensale della cena, chiamato anche arbiter bibendi o rex convivi , veniva nominato dai presenti, come nella tradizione ellenica: si accollava l'onere di decidere quale fosse la percentuale di acqua da aggiungere ai vari vini, quando e in quali quantità bere la bevanda. Eliminata la torbidità del vino tramite un colino, alle volte dovuta ai non idonei metodi di lavorazione e conservazione, il procillator , appena acquisite le indicazioni dal magister, preparava la mescolanza dei liquidi nel cratere , versandovi acqua già bollita ed il vino, quest'ultimo attinto da un recipiente, detto cernophorus .  A seconda dei gusti del caso, dopo aver miscelato accuratamente i due liquidi, il tutto veniva a

Bocconcini di banana bread e gianduia con chantilly alla vaniglia

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 Per 8 - 2 e 1\2 banane grosse, assai mature - 250 gr. di farina 00 - 230 gr. di zucchero di canna - 220 ml di panna acida - 2 uova - 100 gr. di burro - 1\2 bustina di lievito vanigliato - 1 cucchiaino di cannella in polvere - 1 cucchiaino di bicarbonato - 80 gr. di gianduia con nocciole intere Per la chantilly: - 250 ml. di panna fresca - 60 gr. di zucchero a velo - 1\2 bacca di vaniglia Amalgamare il bicarbonato alla panna acida, quindi mettere da parte per poco; fondere il burro, lasciarlo raffreddare e lavorarlo bene in planetaria insieme alla panna acida, alle uova e allo zucchero di canna; procedere a frustare aggiungendo la farina, setacciata, a più riprese, assieme al lievito e alla cannella; in ultimo unire 2 banane, precedentemente schiacciate e ridotte a crema con una forchetta. Versare il tutto in uno stampo da plumcake assai ampio rivestito di carta da forno, livellare e porre delle fettine di banana assieme al gianduia grezzamente tritato. Procedere in forno statico a 180

Fagottini alla rana pescatrice e cedro in salsa di pistacchi e basilico

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 Per 3 - 150 gr. di semola di grano duro - 150 gr. di farina 00 - 3 uova - 1 coda di rana pescatrice, circa 500 gr. - 1 spicchio d'aglio - 100 ml. di vino bianco - 4 cucchiai di mascarpone - 100 gr. di pistacchi - 15 foglie di basilico - 1\2 cedro, succo e scorza - Olio evo, sale e pepe qb. Preparare la pasta all'uovo lavorandola in spianatoia fino ad ottenere un impasto assai omogeneo, aggiungere dell'acqua tiepida all'impasto se necessario; coprire con pellicola e lasciar riposare per 30 minuti in un luogo fresco. Eliminare la pelle alla coda di rana pescatrice e rosolarla in una ampia padella su ambo i lati con olio ed uno spicchio d'aglio, sfumare con il vino ed il succo di cedro: il pesce non dovrà essere completamente cotto, ma sufficientemente funzionale al distacco dall'osso; lasciar raffreddare la rana pescatrice, quindi dedicarsi allo spolpamento, sminuzzandola. Amalgamare il mascarpone al pesce, a crema, aggiustando di sale e pepe. Pestare grezzamente

I luoghi e le mansioni: un piccolo viaggio dentro la cucina di epoca romana

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La frequente disponibilità di ricchezze di alcune famiglie, in epoca romana, portò a riversare grandi attenzioni all'ampliamento, anche in senso qualitativo, degli spazi già esistenti adibiti alle attività di cucina e degli altri luoghi annessi, soprattutto nelle case di città e nelle ville di campagna; già all'epoca di Marco Emilio Scauro, pretore, console e censore tra il 120 a.C. ed il 109 a.C., si potevano avere a disposizione ambienti assai smisurati, come appunto la sua cucina, che misurava più di 150 piedi di lunghezza. Grande riguardo dunque agli spazi, ma anche agli strumenti ed al personale che vi lavorava. Accanto alla cucina si trovava l' horreum , una dispensa-magazzino dove si conservavano le carni salate, i vasi di miele, la frutta secca, le spezie, l'olio il vino ed altri cibi; a sua volta si definiva  horreum rusticum  quello situato in campagna, realizzato in luoghi asciutti, distanti il più possibile dalle case per evitare di incappare in pericolosi i

Punte d'asparagi in pasta fillo con fave, patate, robiola e pinoli

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 Per 4 - 4 o 5 fogli di pasta fillo - 100 gr. di punte d'asparagi - 100 gr. di fave fresche - 1\3 di patata a pasta gialla - 300 gr. di robiola - 70 gr. di parmigiano reggiano grattugiato - 1 uovo - Dei pinoli - Della scorza di limone - Della maggiorana - Sale, pepe e olio evo qb. Ricavare le fave dai baccelli, quindi sbollentarle molto velocemente, massimo per 1 minuto, scolarle e passarle subito sotto l'acqua fredda; mettere da parte. Affettare la patata con la mandolina mantenendo la buccia, tagliare a metà nel senso della lunghezza le punte d'asparagi. Rivestire una placca da forno con carta forno e sistemarvi le verdure in maniera omogenea; oliare, salare, pepare e passarle in forno a 180 gradi per meno di 10 minuti. Mescolare a crema la robiola, l'uovo, il parmigiano, poco olio, aggiungendo della scorza di limone, dei pinoli, spolverando con della maggiorana; aggiustare di sale e pepe. Ricavare 4 o 5 strati di pasta fillo dal rotolo, oliarli con un pennello e sovr

LA PIZZA LIEVITA

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    L’ha’ messa ‘a crisciuta? Eh… l’ajo messa massera… mo dimammatina vedemo… (Hai messo la "Cresciuta"? Si, l'ho messa stasera. Ora, domattina, vediamo...)   L’ha’ cotte? Scine. Zitta, va! Che ovannu me so’ vinute proprio be’! A me ovannu non me so criusciute pe’ gniente. Eh, pure Italia ha ‘ittu che a essa je sse so’ resbassate ‘n mezzo e che drento so’ cruacchie e s’aremmenghianu... Valchiria pure l’ha fatte, dice che je so’ vinute be’ ma pure a essa ‘nje so’ crisciute… Eeehhh, va a sapì… (Le hai cotte? Si! Zitta, va! Che quest'anno mi sono venute proprio bene! A me quest'anno non sono cresciute per niente. Eh, anche Italia ha detto che a lei si sono riabbassate al centro e che dentro sono rimaste crude e si riimpastano. Anche Valchiria le ha fatte. Dice che le sono venute bene, ma neanche a lei sono cresciute. Eeehh, va' a sapere perché...)    Quella che avete appena letto era una tipica conversazione telefonica del Sabato Santo tra mi

Gamberi marinati al lime e basilico su crema di broccoli e senape con chips speziate di daikon

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 Per 4 - 16 gamberi - Daikon, 500 gr. - 1 lime - Delle foglie di basilico - Dei semi di papavero - Broccolo, 1/2 mazzo  - 1\3 di cucchiaino di senape Dilora delicata - Della curcuma in polvere - Dei semi di cumino - Olio evo, sale e pepe qb. Pulire accuratamente i gamberi eliminando i carapaci e le teste (eventualmente preparare un fumetto per altre ricette) togliendo anche l'intestino; ricavare il succo dal lime, porre quindi in marinatura i gamberi assieme a delle foglie spezzettate di basilico per circa un'ora in frigo, aggiustando di sale e pepe ed allungando eventualmente con poca acqua. Cuocere al vapore le cimette di broccolo ben mondate dal resto, quindi ridurle a crema con il mixer ad immersione, aggiungendo 1\3 di cucchiaino di senape delicata (attenzione ai rapporti, semmai iniziare con una puntina ed incrementare: la senape deve risultare un sapore in sottofondo), aggiustare di sale, pepe ed impreziosire con un filo d'olio; allungare con pochissima acqua se la c

Tutto attorno a Firenze: uno sguardo alla cucina di Lorenzo

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L'uomo raffinato e colto deve avere anche il palato educato. Lorenzo de' Medici era un grande amante della cucina, dai gusti assai esigenti, ma anche figlio della schiettezza toscana.  Come era prassi per quel periodo, nelle pratiche di cucina si tendeva ad utilizzare sapori decisi durante la preparazione delle vivande: pensiamo al profluvio di spezie ed ai sapori agrodolci piuttosto forti, alle salse ed agli intingoli, ai pasticci in crosta, all'onnipresente agresto almeno fino al primo Rinascimento; pensiamo al flusso ininterrotto di zucchero che accompagnava praticamente qualsiasi pietanza e veniva utilizzato anche per imbellire le tavole dei banchetti signorili con sontuose opere, composizioni artistiche che impreziosivano, teatralmente; pensiamo al must per eccellenza, la carne, arrosti e selvaggina sopra di tutti. Alcuni esempi, ma ne potrei portare altri. Le forme della convivialità nell'epoca rinascimentale erano all'insegna del fasto più assoluto, non solo