LA PIZZA LIEVITA

 

pizza lievita

 

L’ha’ messa ‘a crisciuta?

Eh… l’ajo messa massera… mo dimammatina vedemo…

(Hai messo la "Cresciuta"?

Si, l'ho messa stasera. Ora, domattina, vediamo...)

 

L’ha’ cotte?

Scine. Zitta, va! Che ovannu me so’ vinute proprio be’!

A me ovannu non me so criusciute pe’ gniente.

Eh, pure Italia ha ‘ittu che a essa je sse so’ resbassate ‘n mezzo e che drento so’ cruacchie e s’aremmenghianu...

Valchiria pure l’ha fatte, dice che je so’ vinute be’ ma pure a essa ‘nje so’ crisciute…

Eeehhh, va a sapì…

(Le hai cotte?

Si! Zitta, va! Che quest'anno mi sono venute proprio bene!

A me quest'anno non sono cresciute per niente.

Eh, anche Italia ha detto che a lei si sono riabbassate al centro e che dentro sono rimaste crude e si riimpastano.

Anche Valchiria le ha fatte. Dice che le sono venute bene, ma neanche a lei sono cresciute.

Eeehh, va' a sapere perché...) 

 

Quella che avete appena letto era una tipica conversazione telefonica del Sabato Santo tra mia mamma e sua sorella Lina, a proposito di come fosse venuta ‘a pizza lèveta. Italia e Valchiria sono altre due mie zie, con le quali, non appena avesse attaccato con zia Lina, mamma avrebbe ripetuto per filo e per segno la stessa identica conversazione.

A casa mia, nel mio clan familiare e in genere al mio paese, la locuzione Triduo Pasquale ha sempre avuto un significato più laico che cattolico: indicava i giorni per preparare, appunto, ‘a pizza lèveta, ossia la pizza lievitata da mangiare la mattina di Pasqua, e guai, anatemi, maledizioni a chi osasse assaggiarla prima!
Come per i dolci di Natale, che a tempo debito vi farò conoscere, tutte le donne del clan preparavano la loro versione della pizza lèveta, e poi, in occasione delle visite per gli auguri, ci si scambiavano per il confronto tra l'una e l'altra: la mia è più tirata, la tua è più morbida, tu ci hai messo anche i canditi, io neanche l'anice che a mio marito non piace... e via assaggiando.

La pizza lievita non è una pizza salata, tipo quella umbra con il formaggio, ma non è neanche molto dolce. Il suo sapore si sposa benissimo sia con la cioccolata che con la corallina, il salame tipico romano con i grossi pezzi di grasso ed i grani di pepe nero interi, e le uova sode. Pizza lievita, corallina e uova sode costituiscono, appunto, la colazione di rito della mattina di Pasqua, tanto per tenersi fermo lo stomaco in attesa del pranzo. Unica alternativa consentita alle uova sode, la frittata con gli asparagi, senza la quale, per mio nonno ‘Ntuniucciu non era Pasqua.

Ci vogliono due giorni per fare la pizza lievita: nel primo si mette ‘a criusciuta, ossia il lievito, nel secondo si aggiungono gli altri ingredienti e si cuoce. A tal proposito, ci sono due grandi scuole di pensiero: la scuola Stoica, diciamo così, che prevede l’inizio della lavorazione nella mattina: ti svegli, ti alzi, ti lavi, fai colazione e metti su il lievito che lascerai lì per almeno 8 ore, dopo di che aggiungi gli altri ingredienti e la rimetti a lievitare per altre 5 o 6 ore, poi ci vuole circa un’ora in forno. Se hai messo la cresciuta verso le 8e30/9 del mattino, finisci intorno all’1 di notte del giorno dopo.

C’è poi una scuola che potremmo definire Epicurea, quella che seguo io: metti la cresciuta la sera prima di andare a letto, vai a dormire serena e quella lievita tranquilla tutta la notte, la mattina, con calma, la ri-impasti con gli altri ingredienti e la rimetti a lievitare; dopo pranzo, rigorosamente dopo la pennichella, la cuoci. A metà pomeriggio, le pizze sono già anche raffreddate.

A prescindere dalla scuola di pensiero seguita, ci sono poi DUE versioni: quella Povera, che prevede solo semi d’anice e se non piace l'anice neanche quelli, e quella Ricca, che oltre ai semi d’anice prevede anche canditi e gocce di cioccolata; la prima si accompagna meglio al salato della colazione, la seconda, essendo un po’ più dolce, trova una sua migliore collocazione come dessert a fine pranzo.

Quello che c’è da sapere, però, di importantissimo e imprescindibile della pizza lievita è che non è una formula matematica, precisa ed infallibile, ma piuttosto è una … formula magica, un incantesimo, che può riuscire, ma anche fallire.

Nel malaugurato caso, non ve ne fate una colpa, MAI!

I motivi della mal riuscita della pizza lievita possono essere i più disparati ed i più imprevedibili: tutti gli anni usate gli stessi ingredienti, lo stesso forno, la stessa teglia, eppure un anno vi viene perfetta, l’anno dopo vi viene bassa, quello dopo alta al centro e bassa ai lati, quello dopo ancora alta ai lati e collassata in centro…

Ricordatevelo: 

Non. 

E’. 

Colpa. 

Vostra!

E’ colpa della farina, del lievito, dell’umidità, del forno, della luna calante, della congiunzione astrale, dello Scazzamurridd’, ma NON E’ COLPA VOSTRA!!!

‘N atr’annu ve vè mejo!

 

INGREDIENTI

Pizza lievita ingredienti

6 uova

700 gr di farina

¼ di latte tiepido

2 panetti o 50 gr di lievito di birra

400 gr di zucchero

½ bicchiere di rum mescolato a cognac o sambuca

½ bicchiere di vino bianco

½ bicchiere di olio extra vergine d’oliva

Una grossa cucchiaiata di semi di anice

La buccia di un’arancia e di un limone grattugiate

Un pizzico (piccolo) di sale, da "nascondere" nello zucchero

Burro e farina per le teglie

 

PROCEDIMENTO

Come accennato, la preparazione della pizza lievita è in due giornate.

 

Prima giornata - sera:

Si mette su la cresciuta, ossia il lievito che poi farà lievitare tutto l’impasto.

Sciogliere il lievito di birra nel latte appena tiepido ed impastare con questo quanto basta della farina in modo da formare un impasto molto morbido ed elastico che si stacchi a fatica dalle dita.

Mettere l’impasto in un recipiente piuttosto capace e con i bordi alti (ad esempio, una pentola di acciaio inossidabile o una grossa insalatiera) e lasciarlo tutta la notte a lievitare in un ambiente caldo e riparato da correnti d’aria (ad esempio, in un ripostiglio, o nel forno appena appena stiepidito).

Chiudete l’ambiente in cui avete posto la cresciuta in maniera ermetica e che sia impossibile da aprire ad altri che a voi: chiudete la porta a chiave e appendetevi la chiave al collo, fate come volete, ma fate in modo di essere certi che

NESSUNO POSSA APRIRE QUELLA PORTA!

Io, quest’anno, ho bloccato le porte dell’armadio con una cinghietta, con lo scotch ed un minacciosissimo cartello.

 

Secondo giorno – mattina:

Alla cresciuta, che nella notte sarà, appunto, cresciuta di volume, vanno aggiunti gli altri ingredienti.

Perché si possano amalgamare bene tra loro, si consiglia di procedere in questo modo:

·         Montare le uova intere con lo zucchero con uno sbattitore elettrico e tenetele da parte;

·      Aggiungere alla cresciuta gli ingredienti nel seguente ordine, uno per volta, usando una frusta a mano:

o   I liquori, l’olio, il vino, l’anice, le bucce d’arancia e limone grattugiate;

o   Le uova montate con lo zucchero;

o   Il resto della farina.

Pizza lievita impastoMescolare il tutto con la frusta a mano finché l’impasto non diventa omogeneo e fluido.

Ungere ed infarinare una o più teglie a bordo ALTO e versarci il composto.

Lasciare ancora lievitare per 5 o 6 ore in un posto riparato (l'impasto sarà pronto per essere cotto quando la superficie sarà coperta di bollicine). Anche stavolta, dev’essere un posto che a nessuno venga in mente di aprire, anche solo per curiosità. Potete, ovviamente, sbirciare dopo 5 o 6 ore, per vedere appunto se ha fatto le bollicine.

Far scaldare il forno (statico) a 100°; metterci dentro le teglie e lasciarle a questa temperatura per 10 minuti. Passati i dieci minuti, alzare la temperatura a 180° e, da questo momento, lasciar cuocere per 40 minuti, poi controllare la cottura con uno stecchino. 

 

I CONSIGLI DI NONNA PINA

Seguite ESATTAMENTE l’ordine indicato pe’ aggiunge l’ingredienti, artrimenti rischiate de trovavve co’ una massa appiccicosa a bagno dentro l’acquetta da ‘na parte e l’ova sbattute co’ la farina dall’artra. I liquori li potete mischià, ma PRIMA mettete l’arcolici, POI mettete l’olio, POI er vino,  POI l’ova sbattute co’ lo zucchero, poi la farina.

L’impasto dev’esse semiliquido, tipo quello der ciambellone, pe’ capisse, anche ‘n po’ più fluido.

‘o volete ‘n trucchetto? Tajate co’ ‘n cortellino bell’affilato la parte colorata de le bucce dell’arancio e der limone, senza lasciacce er bianco. Poi mettetele drento a un frullatore co’ quarche cucchiaio de zucchero preso da quello previsto da la ricetta, e fate girà le lame du’ minuti. Eccallà! Avete fatto er limone e l’arancio grattati così, pum pà!

Si adoperate pe’ cocele una teja o ‘na pentola che po' annà in forno stretta e arta, ce sta che ve tocca a falle còce quarche artro minuto. A sto punto, si ce l’avete, potete pure mette er forno sur ventilato, così s’asciugano. Però, je dovete sta appresso, perché veramente, passati 40 minuti, se ‘o stecchino ve esce umido, è questione de pochissimo, 10, 15 minuti ar massimo, nun de più ma capace pure de meno. Quindi nun è che ve ne potete annà da la cucina, anzi, dovete proprio sta davanti ar forno a fa attenzione che, pe’ cocela dentro, nun se bruci fòri.

Pe’ capisse mejo: più è larga la teja, meno ve viè alta la pizza, più è stretta, più ve cresce.

Quelle de la foto der titolo so state fatte tutte co’ ‘a dose indicata: quelle rettangolari so’ state tirate fori dopo 40 minuti precisi, quella rotonda è dovuta sta sotto ‘n’artra decina de minuti, più o meno, perché drento era ancora cruda.

Mo, visto che fino a Pasqua ‘n se ponno toccà, penzo che sieno tutte cotte, armeno: ‘o stuzzicadenti è ‘scito fòri asciutto.

OH! Ho detto che ‘n se toccano fin’a Pasqua! Leva quele mano che te le tajo!

 

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