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I luoghi e le mansioni: un piccolo viaggio dentro la cucina di epoca romana

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La frequente disponibilità di ricchezze di alcune famiglie, in epoca romana, portò a riversare grandi attenzioni all'ampliamento, anche in senso qualitativo, degli spazi già esistenti adibiti alle attività di cucina e degli altri luoghi annessi, soprattutto nelle case di città e nelle ville di campagna; già all'epoca di Marco Emilio Scauro, pretore, console e censore tra il 120 a.C. ed il 109 a.C., si potevano avere a disposizione ambienti assai smisurati, come appunto la sua cucina, che misurava più di 150 piedi di lunghezza. Grande riguardo dunque agli spazi, ma anche agli strumenti ed al personale che vi lavorava. Accanto alla cucina si trovava l' horreum , una dispensa-magazzino dove si conservavano le carni salate, i vasi di miele, la frutta secca, le spezie, l'olio il vino ed altri cibi; a sua volta si definiva  horreum rusticum  quello situato in campagna, realizzato in luoghi asciutti, distanti il più possibile dalle case per evitare di incappare in pericolosi i

Punte d'asparagi in pasta fillo con fave, patate, robiola e pinoli

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 Per 4 - 4 o 5 fogli di pasta fillo - 100 gr. di punte d'asparagi - 100 gr. di fave fresche - 1\3 di patata a pasta gialla - 300 gr. di robiola - 70 gr. di parmigiano reggiano grattugiato - 1 uovo - Dei pinoli - Della scorza di limone - Della maggiorana - Sale, pepe e olio evo qb. Ricavare le fave dai baccelli, quindi sbollentarle molto velocemente, massimo per 1 minuto, scolarle e passarle subito sotto l'acqua fredda; mettere da parte. Affettare la patata con la mandolina mantenendo la buccia, tagliare a metà nel senso della lunghezza le punte d'asparagi. Rivestire una placca da forno con carta forno e sistemarvi le verdure in maniera omogenea; oliare, salare, pepare e passarle in forno a 180 gradi per meno di 10 minuti. Mescolare a crema la robiola, l'uovo, il parmigiano, poco olio, aggiungendo della scorza di limone, dei pinoli, spolverando con della maggiorana; aggiustare di sale e pepe. Ricavare 4 o 5 strati di pasta fillo dal rotolo, oliarli con un pennello e sovr

LA PIZZA LIEVITA

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    L’ha’ messa ‘a crisciuta? Eh… l’ajo messa massera… mo dimammatina vedemo… (Hai messo la "Cresciuta"? Si, l'ho messa stasera. Ora, domattina, vediamo...)   L’ha’ cotte? Scine. Zitta, va! Che ovannu me so’ vinute proprio be’! A me ovannu non me so criusciute pe’ gniente. Eh, pure Italia ha ‘ittu che a essa je sse so’ resbassate ‘n mezzo e che drento so’ cruacchie e s’aremmenghianu... Valchiria pure l’ha fatte, dice che je so’ vinute be’ ma pure a essa ‘nje so’ crisciute… Eeehhh, va a sapì… (Le hai cotte? Si! Zitta, va! Che quest'anno mi sono venute proprio bene! A me quest'anno non sono cresciute per niente. Eh, anche Italia ha detto che a lei si sono riabbassate al centro e che dentro sono rimaste crude e si riimpastano. Anche Valchiria le ha fatte. Dice che le sono venute bene, ma neanche a lei sono cresciute. Eeehh, va' a sapere perché...)    Quella che avete appena letto era una tipica conversazione telefonica del Sabato Santo tra mi

Gamberi marinati al lime e basilico su crema di broccoli e senape con chips speziate di daikon

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 Per 4 - 16 gamberi - Daikon, 500 gr. - 1 lime - Delle foglie di basilico - Dei semi di papavero - Broccolo, 1/2 mazzo  - 1\3 di cucchiaino di senape Dilora delicata - Della curcuma in polvere - Dei semi di cumino - Olio evo, sale e pepe qb. Pulire accuratamente i gamberi eliminando i carapaci e le teste (eventualmente preparare un fumetto per altre ricette) togliendo anche l'intestino; ricavare il succo dal lime, porre quindi in marinatura i gamberi assieme a delle foglie spezzettate di basilico per circa un'ora in frigo, aggiustando di sale e pepe ed allungando eventualmente con poca acqua. Cuocere al vapore le cimette di broccolo ben mondate dal resto, quindi ridurle a crema con il mixer ad immersione, aggiungendo 1\3 di cucchiaino di senape delicata (attenzione ai rapporti, semmai iniziare con una puntina ed incrementare: la senape deve risultare un sapore in sottofondo), aggiustare di sale, pepe ed impreziosire con un filo d'olio; allungare con pochissima acqua se la c

Tutto attorno a Firenze: uno sguardo alla cucina di Lorenzo

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L'uomo raffinato e colto deve avere anche il palato educato. Lorenzo de' Medici era un grande amante della cucina, dai gusti assai esigenti, ma anche figlio della schiettezza toscana.  Come era prassi per quel periodo, nelle pratiche di cucina si tendeva ad utilizzare sapori decisi durante la preparazione delle vivande: pensiamo al profluvio di spezie ed ai sapori agrodolci piuttosto forti, alle salse ed agli intingoli, ai pasticci in crosta, all'onnipresente agresto almeno fino al primo Rinascimento; pensiamo al flusso ininterrotto di zucchero che accompagnava praticamente qualsiasi pietanza e veniva utilizzato anche per imbellire le tavole dei banchetti signorili con sontuose opere, composizioni artistiche che impreziosivano, teatralmente; pensiamo al must per eccellenza, la carne, arrosti e selvaggina sopra di tutti. Alcuni esempi, ma ne potrei portare altri. Le forme della convivialità nell'epoca rinascimentale erano all'insegna del fasto più assoluto, non solo

Buglione alla senese

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Per 4. E' possibile utilizzare faraona, fagiano, agnello, maiale, capretto, cinghiale, vitella. Almeno tre tipi di carne. - Cosce di pollo, 600 gr. - Filetti di petto di anatra, 400 gr. - Spalle di coniglio, 600 gr. - Abbondante trito di sedano, carota, cipolla e aglio - 2 chiodi di garofano - 4 bacche di ginepro - 1\3 di bicchiere di aceto di vino bianco - Del rosmarino - Della salvia - Del brodo - Sale, pepe e olio evo qb. Tagliare a pezzi il petto d'anatra, privandolo della parte grassa. Bollire per meno di 10 minuti pollo e coniglio, in acqua salata; scolare e lasciar intiepidire la carne, quindi spolparla grezzamente. in un' ampia pentola rosolare il trito di odori, unire le carni e lasciar andare per qualche minuto; versare l'aceto e farlo evaporare completamente, quindi abbassare la fiamma incorporando delle foglie di salvia e del rosmarino, unitamente ai chiodi di garofano e alle bacche di ginepro. Proseguire la cottura, coperchiato, per almeno 3 ore a fiamma do

Tarte tatin di cicoria witloof, primosale, sultanina e pinoli

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 Per 4 - 3 cespi di indivia belga di media grandezza - 1 cipolla bianca - 120 gr. di primosale - 1 rotolo di sfoglia integrale tondo - Della sultanina - Dei pinoli - 30 gr. di zucchero - Del burro - Del timo - sale e pepe qb. Pulire la cipolla e affettarla molto finemente, appassirla abbondantemente nel burro. Sciogliere altro burro e distribuirlo uniformemente in una teglia da forno rotonda, quindi spolverare con lo zucchero. Tagliare a metà la cicoria witloof (indivia belga), eliminando la parte terminale, disporre i tranci con la parte piatta verso il fondo; salare e pepare, aggiungendo il primosale tagliato a dadini, la sultanina rinvenuta, i pinoli e del timo. Coprire il tutto con la sfoglia integrale, rincalzando bene i bordi ed avendo imburrato anche i lati della teglia. Cuocere in forno statico a 200 gradi per circa 40 minuti, capovolgere la tarte tatin dopo averla fatta riposare per poco. Servire subito.

Oltre la Roma imperiale: il garum tra Longobardi e Franchi

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Molti Autori si soffermano sovente, Flandrin e Montanari in primis, i massimi studiosi della storia della gastronomia mondiale, sul concetto di come le tradizioni gastronomiche, quindi le pratiche di cucina con annesse le "preparazioni", si siano sempre modulate attraverso intrecci culturali tra popolazioni durante il susseguirsi dei secoli. Per arrivare al succo della questione: la "tradizione" si sposa quasi sempre con lo "scambio", nella misura in cui, per esempio, una determinata ricetta, assieme alla modalità - strutturata - per realizzarla (la "tradizione"), può incontrare altre e diverse culture che la possono adattare al proprio modo di concepire il cibo, al "vissuto" specifico (lo "scambio"). E se poi un piatto o una salsa, come nel caso che vado a trattare, è totalmente assunto a simbolo distintivo di una cultura, di una società, come il garum romano, vale il motto: "le vecchie abitudini son dure a morire".

Punte d'asparagi in gazpacho, verdure miste, yogurt e nocciole

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 Per 4 - 3 mazzi di asparagi - 60 gr. di sedano verde - 100 gr. di cetriolo - 1 cipollotto - 120 gr. di yogurt bianco naturale - Della granella di nocciole - Del prezzemolo - 1 cucchiaio e 1\2 di succo di limone - Olio evo, sale e pepe qb. Ricavare le punte dagli asparagi crudi, quindi lasciarle brevemente a mollo in poco bicarbonato ed acqua; passarle sotto l'acqua corrente. Tagliuzzare gli asparagi, il cipollotto, il cetriolo, il sedano verde e triturarli nel frullatore; proseguire aggiungendo lo yogurt, il limone, l'olio, il prezzemolo, regolando di sale e pepe e fino ad avere un composto assai omogeneo. Servire il gazpacho spolverando con della granella di nocciole.

La Maremma e l'acquacotta, tra romanzo e leggenda

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"L'acquacotta non è solo la zuppa più famosa della cucina grossetana, è l'eroina di un romanzo, di un'età leggendaria, di un'avventura scandita dal galoppo dei cavalli. Ed evoca, in un flash, la Maremma dei Fattori, del Fucini, la Maremma dei butteri, degli armenti, dei paduli e, diciamolo, della "mal'aria", una terra inospitale dove gli uomini morivano con le mosche. L'avventura è bella quando ne parliamo un secolo dopo, seduti a tavola, quando il romanzo acquista i tratti definitivi di un affresco sociale, a tinte vigorose. Oggi la Maremma è un bacino di fertilità e Grosseto vanta alberghi di lusso, ma Paolo Bellucci, nel libro "I Lorena in tavola", riporta che nel '700, d'estate, Grosseto aveva appena 40 abitanti. E Mara Cini, nel libretto "Maremma cucina", avverte che l'acquacotta conserva il nome antico di quando era fatta di sola acqua, pane e qualche verdura.  "Chi lavorava in campagna si portava dietro

Crema di piselli al basilico e curcuma con bocconcini di farro decorticato al prezzemolo

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 Per 4 - 1 kg e 300 gr. di piselli freschi in baccello - 2\3 di porro - 1 patata a pasta gialla di media grandezza - 8 foglie di basilico - Della curcuma - Olio evo, sale e pepe qb. - 800 ml. di brodo vegetale Per i bocconcini: - 150 gr. di farro decorticato - 2 uova - 3 cucchiai scarsi di pecorino toscano - Del prezzemolo - Sale e pepe qb. Ammollare il farro decorticato per 6-8 ore, quindi lessarlo in acqua salata per circa 45 minuti, mettere da parte. Sbucciare la patata e tagliarla a cubetti, eliminare la parte verde del porro ed il suo primo strato, affettarlo finemente e dorarlo in una padella assai ampia, in olio, fino a renderlo morbido; aggiungere la patata e insaporire per pochi secondi, quindi porre i piselli sgusciati e le foglie di basilico fatte a pezzi; lasciar andare per poco, versare il brodo vegetale, coperchiando e cuocendo a fiamma media per 10 minuti. Ridurre le verdure in purea con un mixer ad immersione, aggiungendo dell'altro brodo per ottenere la giusta cons

CARCIOFI RIPIENI

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    "'Nnamo co' li scarciofoliiiiiiiii!!!!" Quando ero piccola, casa di mia mamma era  a metà strada tra due mercatini rionali, uno su Viale Odescalchi, verso le mie scuole dall'asilo alle medie, e l'altro dall'altra parte, a Piazza dei Navigatori, verso la Cristoforo Colombo. C'era di tutto, dai giocattoli ai casalinghi, passando ovviamente per tutto quello che di commestibile si può trovare in un mercato. Entrambi risuonavano forte delle grida cantilenanti dei venditori, ormai conosciuti da me e da mamma e, a nostra volta, conosciute da loro: il Velletrano, la Sòra Giulia, Ernesto de Montelibretti... ma quello che, su Viale Odescalchi, potevi sentire da un capo all'altro del mercato reclamizzare, secondo le stagioni, le sue verdure al di sopra di tutta la confusione che facevano gli altri in coro, era Franco lo Strillone: il mercato di Viale Odescalchi si trovava al centro, appunto, di un viale alberato, ed era formato da una doppia fila di banch

La "Regola", le "Consuetudini" di Ulrico di Zell. L'alimentazione monastica, i suoi simboli

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La ferrea Regola benedettina prevedeva, come piatto principale del desinare quotidiano dei monaci, i pulmentaria , pietanze cotte a base di ortaggi e legumi. A livello etimologico il termine è legato alla parola puls , polenta, ed alle volte queste preparazioni potevano riferirsi anche a vivande leggermente più complesse: la base, esclusivamente vegetariana poiché il consumo carneo era proibito e permesso esclusivamente in certi contesti, poteva imbellirsi con delle uova, del formaggio, del lardo, sempre però seguendo le indicazioni della Regola e   ciò che essa permetteva di consumare, dipendentemente dai periodi. Se consideriamo l'ambito extra-monastico, i pulmenta  erano costituiti sovente da un mix di carne, quasi sempre salata, accompagnata da legumi, come spesso ci indicano i manuali di cucina giunti fino a noi. Ai pulmentaria , cotti in umido, alle volte si affiancavano vivande di altro tipo, come i mitici fladones , torte di pasta probabilmente all'uovo, farciti con mol