Cambi di paradigma a corte. La cucina francese del Grand Siècle. Seconda parte

Il modello gastronomico italiano riscosse molta fortuna in Europa durante tutto il Rinascimento. Questo fu un periodo nel quale la convivialità cortigiana, declinata nelle sue varie forme, delineava e definiva letteralmente i rapporti tra persone. Non a caso il cibo e tutto ciò che ruotava attorno ad esso (etichetta, cerimoniale, banchetti, ecc...) erano fattori di massimale relazione sociale.

Il gusto ad un certo punto cominciò a parlare francese... 

Nel 1651 venne dato alle stampe Le cuisinier françois di François Pierre de La Varenne. Il cuoco digionese è universalmente conosciuto per essere stato il padre della moderna cucina francese e primo testimone di quel graduale mutamento paradigmatico che vide nella Francia il nuovo modello culturale a cui ispirarsi, anche in cucina. Come dettagliatamente esposto nella prima parte dell'articolo, in questo periodo vi furono apporti di nuovi ingredienti e progressive sostituzioni di altri, le forme ed i contenuti della coeva trattatistica subirono una evoluzione, in particolar modo nella seconda metà del secolo. Alla base della nouvelle cuisine francese del Grand Siècle vi erano anche bouillon, jus, coulis e roux

I bouillon erano dei brodi molto densi e ricchi a base di carni miste, erbe aromatiche, verdure e lardo che venivano cotti tutti insieme per diverse ore a fiamma bassissima, a volte in altro brodo. Successivamente si filtrava il tutto ed il liquido veniva utilizzato praticamente in quasi tutte le ricette. L'art de bien traiter, trattato di L.S.R. del 1674, autore mai identificato e probabilmente maître d'hôtel presso prestigiose famiglie dell'epoca, ci consiglia quanto segue in uno stile espositivo piuttosto ricercato:

Prendete la marmitta più adatta, riempitela d'acqua e quando sarà ben calda metteteci uno stinco di manzo tagliato in due, qualche costina carnosa, spalla di vitello a pezzi. La carne meno grassa e più carnosa è la migliore e più succulenta. Perché non c'è niente di peggio che vedere il grasso galleggiare sui potages (minestre). Aggiungete fegato di castrato o rognoni di manzo, che danno un bel colore al brodo diventando grazie a loro giallo oro, Poi tre o quattro fette di lardo steccate con qualche chiodo di garofano, una dozzina di cipolle bianche, un bouquet di timo verde, poco sale. [...] Lasciate cuocere dalle 6 del mattino fino alle 11, a fuoco basso e costante. Quando sarà di un bel colore dorato tendente al rosso, scolate le carni, spremetele un poco per estrarre il loro succo, versate il bouillon in un recipiente pulito, da tenere al caldo.

Da sottolineare che i nostri contemporanei brodi allora erano chiamati eau. La preparazione era molto più semplice, con la carne che veniva bollita in acqua senza aromi o condimenti. 

I coulis fungevano da insaporitori per verdure, carne e pesce. Ottenuti da vari tipi di carne o pesce pestati nel mortaio assieme a ossa e lische, potevano adattarsi quindi sia ai tempi di grasso che a quelli di magro. Successivamente il composto veniva cotto con spezie ed erbe aromatiche e passato al setaccio. Sempre L.S.R. ci viene in aiuto col suo coulis universale:

Prendete il grand bouillon, eventualmente riducendo la quantità di carne, versatelo in una pentola di coccio, aggiungete una mezza libbra di mandorle dolci pelate e schiacciate al mortaio e altrettanti gambi di funghi, ben puliti. Per i vostri ragôut (manicaretti) aggiungete due panini a pasta bianca, cinque o sei scorze di limoni, cinque o sei cipolle bianche, qualche chiodo di garofano, poco timo fresco e fate bollire per mezz'ora. Poi passate il tutto al setaccio in una pentola a parte e conservate sulla cenere calda per servirvene alla bisogna. Per migliorare la qualità del vostro coulis farete arrostire due o tre libbre di manzo magro, a metà cottura lo toglierete dallo spiedo, lo taglierete a fette e lo aggiungerete al bouillon mescolando con un cucchiaio di legno per schiacciarlo bene. Ultimate la cottura regolando di sale e pepe.

I purée erano sostanzialmente dei coulis a base di grossi piselli secchi, cotti nel brodo assieme ad erbe aromatiche, midollo di bue, burro, pancetta, sale e pepe. Una volta cotti venivano schiacciati col cucchiaio di legno, passati al setaccio variando la loro consistenza ed utilizzati in ricette a base di verdure, pesce e frutti di mare.

Il jus, sostanzialmente un concentrato dell'ingrediente principale (funghi, manzo e tartufi i più battuti), era ottenuto per infusione, lunga cottura o pressione. Pierre de Lune, cuoco del duca di Rohan, ci testimonia una sua versione del jus di champignons ne Le nouveau et parfait cuisinier del 1668:

Mettete in padella gli champignons con burro o lardo, cuocete a fuoco basso, quando cominciano ad attaccare aggiungete della farina e rosolateli. Poi aggiungete del brodo, toglieteli dal fuoco, unite un poco di succo di limone e tenete da parte.

Da sottolineare che coulis jus venivano impiegati sia durante la cottura che al termine della preparazione della ricetta. Questi insaporitori, essendo a base di ingredienti i più disparati, permettevano al cuoco di modulare il sapore del piatto in base alle esigenze del caso. 

Degne di rilievo (calorico) erano le varie salse, assai distanti per preparazione, gusto e funzione da quelle leggere della tradizione rinascimentale. Non più servite separatamente ma facenti parte integrante del piatto, avevano accantonato il marcato sapore speziato e acidulo (vino, aceto, agresto) tanto in voga pochi decenni prima. Nel Rinascimento le salse si addensavano con mollica di pane, mandorle pestate, rossi d'uovo e fegati di volatili. Adesso risultavano pesanti ed untuose a causa del massiccio impiego del lardo, che verrà sostituto più avanti da burro e panna. Quelle erano realizzate con ingredienti diversi rispetto al piatto per poter "correggere" i difetti dello stesso da un punto di vista dietetico, queste ne erano la diretta emanazione, poiché strutturate sfruttando i fondi di cottura. La tecnica del deglaçage era quindi onnipresente nelle cucine del Grand Siècle. I fondi venivano allungati con brodo o vino, si aggiungevano coulis o jus e si univano le cosiddette liaisons, che avevano la funzione di legare e dare corpo alla salsa. Le liaisons maggiormente utilizzate erano a base di tartufi, champignons o mandorle. 

Il roux rivoluzionò le pratiche di cucina, diventando la più gettonata liaison addensante, giocando su due binomi: farina\lardo fuso o farina/burro. Di facile utilizzo e molto versatile, il roux venne sempre più adoperato durante la seconda parte del Seicento e, ovviamente è alla base della regina delle salse, la besciamella, protagonista indiscussa della cultura gastronomica francese a partire proprio dal nostro de La Varenne. L'autore, nel suo Le cuisinier françois, menziona primo fra tutti la parola roux, liaison che viene utilizzata per legare una salsa al lampone che accompagna un tacchino:

Per legare la salsa prendete del lardo affettato, fatelo fondere in padella, poi aggiungete della farina, la farete colorire e poi la scioglierete con un poco di brodo di carne e di aceto, poi la metterete nella terrina del tacchino unendo succo di limone.


 


 



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