Dopo i "Federiciani" e prima di Maestro Martino: il singolare caso del "Registrum coquine" di Bockenheim

Il tardo medioevo ed il periodo immediatamente successivo rappresentarono un'epoca particolarmente feconda per la trattatistica gastronomica europea. La realizzazione del "Registrum coquine" dell'ecclesiastico tedesco Johannes Bockenheim si colloca in un preciso lasso di tempo che intercorre tra Il liber de coquina (metà XIII secolo), realizzato in ambito federiciano e testimone della grande commistione cultural gastronomica arabo-occidentale (assieme ai suoi ricettari parenti) e l'immenso punto di svolta, epocale, rivelatore di un senso del gusto nuovo, per certi versi inesplorato, rappresentato dall'opera di Maestro Martino da Como ("Libro de arte coquinaria", anni Sessanta del 1400, a seguire la sua "europeizzazione" con la traduzione in lingua latina e la rielaborazione in trattato dietetico operati dall'umanista Bartolomeo Sacchi col "De honesta vuluptate et valetudine"). Le "strutture del gusto" mutano, si plasmano e si ridefiniscono sulle precedenti, in un continuo fluire. L'Umanesimo e la Rinascenza sono alle porte: magnificentia et splendor saranno i perni sui quali si strutturerà l'ostentazione del convivio cortigiano, il cibo assurgerà a vero elemento "politico" della società alta. Non a caso proprio in questo periodo i cuochi di corte, di nobile estrazione, possedevano maggior potere rispetto Signori presso i quali prestavano servizio: un banchetto ben riuscito garantiva matrimoni, accordi economici tra famiglie e le simpatie della Chiesa.   

Alla famiglia del Liber de coquina, (è bene ricordare che prima degli studi operati da Martellotti lo si collocava in ambito angioino napoletano, postdatandolo), si affianca in questo periodo (anni Trenta del 1300) un secondo gruppo di ricettari, concepiti in primis in ambito toscano-senese, conosciuto come "Tradizione dei 12 Ghiotti". Molte di queste ricette riportano appunto un dosaggio per dodici convitati: xii gentili homini giotissimi, xii ricchi goditori, altri non sono se non la brigata spendereccia di dantesca memoria immortalata nell'Inferno. L'autore del primo ricettario senese sarebbe stato proprio il cuoco della mitica brigata.

Ma veniamo al nostro Registrum coquine di Bockenheim, che fu certamente figlio di un Dio minore nel mare magnum della trattatistica di quel periodo (prima stesura presumibile 1431-1435), nonostante la redazione in latino e la fama che accompagnava l'autore. Johannes fu attivo presso papa Martino V come responsabile della tavola comune, la mensa destinata ai funzionari della curia papale. Il lavoro ebbe decisamente poca fortuna al tempo, ed uno studio maggiormente esaustivo, in tempi recentissimi, lo si deve unicamente allo storico francese Bruno Laurioux che ha collazionato i due manoscritti esistenti. La stessa parola registrum ci suggerisce in effetti una sorta di brogliaccio arcaico, quindi un testo, come dire, insipido, poco strutturato e curato, dove abbondano le forme ripetitive e ridondanti delle preparazioni culinarie, preparazioni che dovevano essere prontamente memorizzate nei passaggi salienti ma difficilmente riproducibili all'esterno.

E' probabile che Johannes Bockenheim redasse in maniera definitiva il testo successivamente e volutamente alla morte di papa Martino V, al secolo Oddone Colonna, avvenuta nel 1431, poiché afferma di essere stato un tempo cuoco per questo papa. Le notizie biografiche sull'autore sono assai carenti, come anche le informazioni relative al computo degli anni di servizio presso le cucine papali. Martino e Johannes si conobbero indicativamente intorno al 1415 in Germania, nel contesto del Concilio di Costanza, fortemente voluto per porre termine alle quarantennali, turbolente vicende dello scisma d'Occidente che laceravano la Chiesa in un continuo susseguirsi di papi ed antipapi. Nel 1417 Martino fu eletto al soglio pontificio, rientrando a Roma non prima del 1420. Dedicatosi quindi alla ristrutturazione delle Chiesa, Martino V porse molta attenzione alle arti, alla cultura e alla cucina.

Risaltano subito all'occhio alcune definite perspicuità del Registrum. Innanzitutto la lapalissiana, semplice struttura formale-contenutistica dello stesso ed il frugale sviluppo delle ricette, ricette figlie della velocità, assai divergenti dalle molte altre inserite in ricettari coevi. In secondo luogo è da notare la stesura del testo in lingua latina, seppur con tratti maccheronici, in un periodo nel quale si tendeva sostanzialmente all'utilizzo del volgare per la realizzazione di questa tipologia di testi. Altra caratteristica è la chiara e definita "allocazione sociale" delle ricette, indirizzate a specifici contesti, gruppi, nazionalità e classi, elemento che si ritrova, seppure declinato più blandamente, anche in altre fonti quasi coeve come l'Anonimo Toscano, il Tractatus de modo condiendi et preparandi omnia cibaria e lo stesso Liber de coquina.

Come già accennato sopravvivono due manoscritti del Registrum coquine, collazionati da Laurioux, aventi caratteristiche piuttosto differenti a livello contenutistico, lessicale con varianti ortografiche evidenti. Sicuramente i testi sono stati realizzati per mano di differenti persone, lo si evince anche dal fatto che alcune ricette sono presenti in un solo testo. Il manoscritto A si conserva presso la Bibliothèque Nationale de France (Ms Latin 7054), l'altro fa parte della collezione Segal alla Bibliothèque Internationale de Gastronomie di Lugano. 

Ritorniamo all'analisi del testo e alla sua costruzione, che si delinea attorno a gruppi e classi sociali ben definiti. La struttura generale è ovviamente figlia culturale del periodo storico specifico, periodo nel quale spadroneggiava la concezione dietetica di stampo ippocratico-galenico, la teoria degli umori corporali e l'"ognuno mangi secondo le proprie inclinazioni". Complessione, attività e occupazione definivano cosa e come mangiare, così una persona che compie sforzi fisici estremi non può cibarsi delle stesse cose di un nobile o di uno studioso, una persona anziana (che tende al secco) si deve nutrire diversamente dal giovinotto (che tende all'umido). Il manoscritto A si focalizza sulla tipologia di popolazione che consuma una ricetta, mentre il B sulle classi sociali.

Nel manoscritto B sono presenti 13 ricette specificatamente destinate a principi, magnati e ricchi, 7 ricette per villani e rustici, scarne e immuni dall'utilizzo di spezie, 2 preparazioni per meretrices e lenoni, altre 2 indirizzate a monaci e religiosi. Ed ancora preparazioni per notarii, copisti, soldati e mercenari, laici e preti. Come prassi nei ricettari tardomedievali è presente anche una sezione dedicata ai tempi di magro quaresimali, agli infermi e alla triade ortaggi/legumi/frutta. Si consigliano specifiche preparazioni a Sassoni, Ungari, Galli, Boemi, Svevi, Alemanni, Italici e Angli.







 

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