Polimorfismo sociale dell'alimentazione monastica nei secoli. Seconda parte

Verso la fine dell'XI secolo il modello monastico cluniacense subì un forte declino a causa della sua connotazione marcatamente aristocratica, aspetto che si ravvisava anche nel contesto alimentare e nel convivio, ormai assai lontani dal carattere di estrema austerità tipico della fase iniziale. Nel periodo più splendente dell'ordine, dovendo rispettare l'assoluto silenzio imposto durante i pasti dalla Regola benedettina, i monaci cluniacensi erano soliti adoperare una serie di strategie e stratagemmi: era possibile "parlarsi", "argomentare" di alimentazione senza l'utilizzo della parola? Si. Il linguaggio silenzioso, grandemente istituzionalizzato presso il monastero di Cluny già dal X secolo grazie al monaco Udalrico, consisteva in una serie di gesti delle mani, ammiccamenti del viso, movimenti del corpo, tutti al servizio di uno "specifico dizionario del silenzio" per non disobbedire alla Regola. 300 signa presenti, descritti dettagliatamente, per indicare cibi, piante, animali, utensili di cucina e modalità di cottura. 

I criteri con cui si dava corpo e forma a questi gesti rispondevano al semplice concetto dell'imitazione: tradurre in maniera visiva l'oggetto, descriverne la peculiarità con il gesto.

Esempi:
1) Per il pesce: gesto ondulatorio della mano, tenuta verticalmente con le dita unite; il tipo di pesce era specificato con un segno aggiuntivo: per la seppia, "separate bene le dita tra loro e muoverle velocemente", per la trota, "tracciate un segno con un dito, da un sopracciglio all'altro", (un "segno femminile, poiché le femmine di trota hanno delle legature in quel punto").
2) Per il sale: "unisci al pollice le parti estreme delle dita e, tenendole unite, muovile due o tre volte staccandole dal pollice".
3) Frutta secca, noci: "conficca il dito in bocca e tienilo fra i denti con la parte destra della bocca, come se stessi veramente rompendo una noce".
4) Per il maiale (le pochissime volte che si poteva andar di carne): "percuoti con il pugno la tua fronte, poiché è in questo modo che esso viene ucciso".
5) I piatti composti (es: i mitici "fladones" medievali, torte salate ripiene) si indicano con i loro ingredienti principali: "Premesso il segno generale del pane e quello del formaggio, piega tutte le dita di una mano, fino a formare una cavità, ponila poi sulla superficie dell'altra mano, ecco la forma della torta".

Nel vocabolario del silenzio vi erano anche elementi che alludevano direttamente al valore sociale di un alimento, al simbolo, più che descrivere l'aspetto prettamente materiale. Per indicare gestualmente lo storione ed il salmone, pesci nobili per eccellenza durante tutto il Medioevo, si faceva il segno basilare del pesce e successivamente se ne aggiungeva un altro assai singolare: "[...] poni il tuo pugno sotto il mento, con il pollice alzato, infatti in tal modo si indica la superbia, sono soprattutto i superbi ed i ricchi a consumare questi pesci". 

Tra l'XI ed il XII secolo si realizza un ennesimo punto di svolta, una sorta di ritorno ad un passato radicale di stampo eremitico. In questa fase della vicenda monastica occidentale una nuova viscerale spiritualità è alle porte, scevra dai condizionamenti della vita secolare e dai suoi "rumori". 

Nel 1084 Bruno di Colonia fonda l'ordine certosino, i cui tratti salienti sono rappresentati dalla contemplazione silenziosa, dalla gioiosa penitenza e da una assidua preghiera, solo in parte temperati da un parziale cenobitismo. Solitudine austera, in primis, per questo nuovo modello di ingegneria socio-religiosa nel quale si colgono le forme ed i contenuti dell'eremitismo dei primi secoli. I certosini consumano il pasto assieme, nel refettorio, unicamente durante i giorni di festa; quotidianamente il monaco riceve la propria razione attraverso uno sportello ubicato all'ingresso della cella. Sono presenti regole piuttosto stringenti per quanto concerne l'alimentazione: ovviamente è in vigore una totale e perenne astensione dalle pietanze carnee e si osserva un grande digiuno, dal 14 settembre fino a Pasqua, durante il quale il religioso consuma un unico pasto giornaliero, verso mezzogiorno, mentre alla sera può essere concessa una parca refezione consistente in una pagnotta. Per il resto dell'anno il digiuno è altresì rispettato il venerdì e alla vigilia delle grandi solennità.

Un nuovo modello di vita monastica, improntato anch'esso su un accentuato allontanamento dal mondo, dove povertà, lavoro manuale e stretta osservanza della regola benedettina sono i tratti salienti, si realizza nei primi mesi del 1098 con la nascita dell'ordine cistercense grazie a Roberto di Molesme. Già priore e abate di Saint-Michel, di fronte al rifiuto dei fratelli monaci di vivere in un clima maggiormente austero, fonda il suo monastero a Citeaux, in Borgogna. La quotidianità del monaco cistercense rientra totalmente nell'alveo delle norme benedettine: recita comunitaria di tutti gli uffici divini, riposo notturno in dormitorio, lavoro agricolo ed alimentazione quanto mai parca, eliminando ogni possibile dispensa ulteriore. Temperanza, mortificazione e pieno rispetto dei dettami benedettini in campo alimentare si ritrovano in un testo legislativo dell'ordine anteriore al 1135:

Nel vitto ci atteniamo alle prescrizioni della Regola circa la quantità del pane, della misura del bere ed il numero delle portate, badando che il pane sia integrale, cioè fatto con il tritello.

Le Consuetudini cistercensi permettevano il consumo di una "generosa" porzione di pane durante il pasto principale, impreziosendolo con due verdure cotte e della frutta di stagione; la cena, se prevista, consisteva in frutta e verdura, più l'avanzo della pagnotta, fermo restando che una stessa pietanza non poteva essere servita per tre giorni di seguito. Nei giorni di festa era possibile consumare del pane bianco e del pesce. I grassi di origine animale, uova e formaggi erano banditi durante l'Avvento ed in Quaresima, mentre i venerdì di Quaresima i monaci digiunavano a pane e acqua. Svariati aromi, coltivati negli orti situati all'interno del monastero, venivano utilizzati per la preparazione delle pietanze cotte. Il mixtum, una sorta di colazione da poter elargire ad infermi ed ai membri più giovani della comunità, era a disposizione dei monaci certosini dopo l'Ora di Sesta, periodo di Quaresima a parte. Per quanto concerneva le bevande non vi erano particolari divieti se non una certa limitazione nell'uso del vino. D'estate era usanza servire, dopo Nona, il biberes, un semplice bicchiere di sidro o alle volte di birra. Quest'ultima poteva essere di tre qualità diverse, in base alla percentuale d'alcool presente: la migliore era consumata dall'abate e veniva servita in refettorio ai monaci in occasioni speciali. 

Una ben definita ritualità accompagnava i monaci certosini verso il refettorio. Prima dell'accesso nella stanza la comunità di religiosi sostava di fronte ad una fontana per il lavaggio delle mani. I monaci si appropinquavano quindi a delle tavole a forma di "U", nel loro lato esterno, trovando il cibo già servito sulle mense. Ecco la benedizione e la seduta al proprio posto, cominciando a consumare il pasto unicamente dopo che il priore aveva scoperto il pane. L'assoluto silenzio del refettorio era interrotto dalla voce di un monaco che, ad alta voce, leggeva alcuni brani scelti dalla Bibbia Latina. Si doveva bere dalle tazze tenendole con tutte e due le mani, salare le pietanze adoperando unicamente la punta di un coltello e pulire le stoviglie del pasto con un pezzo di pane, scartando il tovagliolo. Alla conclusione dei pasti i monaci si avviavano processionalmente verso la chiesa, andando a terminare la cerimonia.





 

 



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