Associazioni, club, stampe e confraternite gastronomiche. Prima parte

Nel 1931 venne data alle stampe la Guida gastronomica d'Italia, carta geo-gastronomica nazionale ideata dal Rotary di Milano e dal Touring Club Italiano. L'obiettivo era quello di proporre una cultura del cibo che andasse a collegare la società ed il "saper mangiare, regionale e provinciale", con una visione maggiormente antropologica: creare un filo rosso che mettesse in relazione l'agricoltura ed il consumatore finale, passando per tutta la filiera e gli aspetti culturali da essa generati. Si pensò così di incrementare la presenza di consociazioni che potessero offrire specifici indirizzi di politica alimentare, con l'apporto di competenze qualificate volte a combinare turismo e prodotti di qualità.

Oltralpe, nella Francia repubblicana di quegli anni, la destra governativa promuoveva e sosteneva le eccellenze e le identità locali, tra i vari tartufi ed i fegati d'oca. Una visione marcatamente nazionalista, politica, che trovò piena realizzazione ne Les fines gueules de France di Maurice Edmond Sailland (Curnonsky), famoso gastronomo soprannominato "Il Principe della Gastronomia". In questo manuale edito nel 1935, guida alfabetica alle associazioni, ai cuochi ed ai ristoranti, si ritraeva l'immagine della Francia più profonda: una società borghese ricca e fiera che si riuniva attorno alla tavola per glorificare la propria identità. 

In Italia la giornalista Margherita Volpi dette alle stampe "... a tavola confratelli! Storia e cronache delle confraternite bacchiche e dei sodalizi gastronomici" e "I cavalieri del buon gusto", rispettivamente nel 1973 e nel 1976. In un periodo in cui questo tipo di pubblicazioni trovava ampio spazio nelle librerie, le due opere-guida della Volpi descrivevano un periodo che partiva indicativamente dai primi anni '50 per arrivare al ventennio successivo, lasso di tempo in cui si sovrapposero alle identità locali la grande industria agroalimentare e marcati squilibri nel settore agricolo. Tra interviste, fac-simili d'archivio, indirizzi e fotografie ne scaturì un'immagine complessiva di associazioni - e di una classe borghese -  incentrate sul culto del cibo di qualità e dei prodotti tipici, attente alla valorizzazione delle relazioni conviviali. Insomma, l'idea era quella di proporre un modello culinario che potesse tutelare le identità nell'assetto industriale che si stava delineando.

Le confraternite e le associazioni gastronomiche che nacquero in questo contesto culturale si organizzavano in riunioni e cerimonie dove sovente l'aspetto goliardico ed i riti curiosi la facevano da padroni. La Volpi ci informa che i membri dell'Ordine dei Cavalieri del tartufo e dei vini di Alba, tuttora attivosi riunivano presso il castello di Grinzane Cavour al cospetto del Gran Maestro Luciano de Giacomi. Durante le riunioni venivano indossati costumi ed appariscenti abiti da cerimonia, l'Ordine curava anche l'aspetto relativo alla produzione, in edizioni impeccabili, di testi e manoscritti gastronomici già esistenti. La ragione di questo "teatro", del "travestimento" risiedeva probabilmente nel timore di perdere il contatto con le proprie identità cultural-gastronomiche. In un mondo che cominciava a correre sempre più velocemente, tra gli anni '50 e '60, l'aspetto folkloristico adottato e ostentato, pur accettando il presente, rappresentava quindi un sicuro aggancio col passato: salvaguardare, con determinati simboli, la cultura alimentare e la liturgia della tavola.

La ragione di associarsi ci palesa due aspetti ben definiti, facce della stessa medaglia: riunisce persone - e borghesi - attorno ad un determinato prodotto, tentando di promuovere quest'ultimo verso l'esterno e connette operatori e professionisti della gastronomia, cercando di creare un osservatorio istituzionale sulla cultura alimentare che possa incidere su produzione e consumo. Per il primo aspetto ne sono un esempio l'Accademia della vita e del vino, nata nel 1949 per volontà dell'enologo Giovani Dalmasso e l'Associazione nazionale degli Amici del Vino, presente ad Asti dal 1959 grazie a Giorgio Odero. Asti al tempo era sede di una sezione dell'Istituto Sperimentale per l'Enologia. Il merito precipuo di queste due realtà, sin dall'inizio, fu quello di promuovere la conoscenza dei vitigni e dei territori di quelle zone, tramite congressi, degustazioni, visite organizzate ed opuscoli divulgativi. Un interesse particolare è posto verso la tutela legislativa del prodotto, come nel caso della Confraternita del prosecco di Valdobbiadene, presente nel trevigiano dal 1945.

Anche la carne merita il suo spazio. "Os Os Büs Büs" è l'inno della milanesissima Sodalitas ossorum foratorum, la Confraternita dell'Ossobuco. Fondata nel 1960 per glorificare il culto del rinomato piatto tradizionale, i suoi membri già a quel tempo devolvevano in beneficienza i proventi delle collette.

Castello di Grinzane Cavour


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