La ritualità gestuale cluniacense nel Medioevo: silenzio, preghiera e cibo

La Regola di Benedetto prescriveva che fosse posta continuità assoluta alla regola del silenzio, anche nel refettorio, cioè teoricamente nel luogo naturale deputato alla parola stessa, di modo che la rinuncia al dialogo fosse assunta a concetto meritorio massimale. Quindi tacere anche di fronte al cibo, al momento del pasto, distrarsi da esso per non incorrere nella tentazione di viverlo come un piacere anziché come una semplice necessità del corpo, intercalandolo unicamente con letture di testi edificanti, anche ad alta voce (sommessa): unica concessione permessa.
 
Il cibo materiale che per mere necessità fisiologiche viene introdotto in corpo nulla è rispetto al cibo spirituale elargito dalle Sacre Scritture. Ma la comunicazione verbale, sonora, non rappresenta l'unica possibilità di contatto interpersonale. Facciamo un salto indietro nel tempo, all'inizio del Basso Medioevo, Francia, monastero di Cluny.
 
I monaci cluniacensi si inventarono una serie di strategie e stratagemmi: era possibile parlarsi, discorrere di cucina senza l'utilizzo della parola? Si. Il linguaggio silenzioso, grandemente istituzionalizzato presso il monastero di Cluny già dal X secolo grazie al monaco Udalrico, consisteva di una serie di gesti delle mani, ammiccamenti del viso, movimenti del corpo, tutti al servizio di uno "specifico dizionario del silenzio" per non disobbedire alla Regola.
 
300 "signa" presenti, descritti dettagliatamente, per indicare cibi, piante, animali, utensili di cucina, tipi di cottura. Integrazioni  successive anche tra XII e XIII secolo, in Germania grazie a Guglielmo di Hirsau e a San Vittore di Parigi, in una comunità di canonici; testimonianze di altri manuali anche in Inghilterra a Eynsham.
 
I criteri con cui si dava corpo e forma a questi gesti rispondevano al semplice concetto dell'imitazione: tradurre in maniera visiva l'oggetto, descriverne la peculiarità con il gesto.
 
Esempi:
1) Per il pesce: gesto ondulatorio della mano, tenuta verticalmente con le dita unite; il tipo di pesce era specificato con un segno aggiuntivo: per la seppia, "separate bene le dita tra loro e muoverle velocemente", per la trota, "tracciate un segno con un dito, da un sopracciglio all'altro", (un "segno femminile, poiché le femmine di trota hanno delle legature in quel punto").
2) Per il sale: "unisci al pollice le parti estreme delle dita e, tenendole unite, muovile due o tre volte staccandole dal pollice".
3) Frutta secca, noci: "conficca il dito in bocca e tienilo fra i denti con la parte destra della bocca, come se stessi veramente rompendo una noce".
4) Per il maiale (le pochissime volte che si poteva andar di carne): "percuoti con il pugno la tua fronte, poiché è in questo modo che esso viene ucciso".
5) I piatti composti (es: i mitici "fladones" medievali, torte salate ripiene) si indicano con i loro ingredienti principali: "Premesso il segno generale del pane e quello del formaggio, piega tutte le dita di una mano, fino a formare una cavità, ponila poi sulla superficie dell'altra mano, ecco la forma della torta".
 
Vi sono anche aspetti, nel vocabolario del silenzio, che alludono direttamente al valore sociale di un alimento, al simbolo, più che al suo aspetto prettamente materiale. Per indicare gestualmente lo storione ed il salmone, "pesci nobili per eccellenza" durante tutto il Medioevo, si faceva il segno basilare del pesce e successivamente se ne aggiungeva un altro assai singolare: "...poni il tuo pugno sotto il mento, con il pollice alzato", infatti "in tal modo si indica la superbia, sono soprattutto i superbi ed i ricchi a consumare questi pesci".

La vicenda della simbologia gestuale culinaria, la cluniacense in primis, ci ha permesso di sondare in maniera maggiormente dettagliata usi e pratiche di cucina tra le varie comunità monastiche europee.
 
Abbazia di Cluny


 

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