La magica forchetta del geniale signor Bartolomeo Scappi

Quanto diamo per scontato l'utilizzo di certi utensili di cucina, oggi? Per la forchetta verrebbe da dire: è così ovvia come ovvio è 1+1=2, è ovvia come il sangue che scorre nelle vene o come il Sole di giorno e la Luna di notte. Eppure, rispetto ai colleghi coltello e cucchiaio, è stata assimilata antropologicamente dalla nostra società assai recentemente, trascinandosi fra numerosi alti e bassi durante i secoli in differenti aree geografiche mondiali.

La storia ci porta molto indietro nel tempo: per le classi agiate di epoca greca e romana era assai funzionale adoperare dei ditali, assieme ad altri utensili simili a forchette, come testimoniano numerosi ritrovamenti archeologici.

Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente questo strumento sparì, le culture "barbariche" ne decretarono la morte, mentre invece nell'Impero d'Oriente continuò ad essere protagonista.

Venezia 1004. Fonti storiche ci suggeriscono la presenza del "piron" tra le mani di una nobildonna bizantina, Maria Agiropulina, nipote di Costantino VIII, andata in sposa al figlio del doge Pietro II Orseolo. Due semplici rebbi ed un manico finemente lavorato, in argento, il "demoniaco oggetto" fu bandito da San Pier Damiani . Ad Oriente questo "aggeggio" era presente già da tempo, ma la frattura religiosa decretata dallo Scisma del 1054 bloccherà per molto l'assimilazione culturale di questo utensile nelle nostre zone mediterranee. 

Un'altra fonte ci porta nella bella Firenze, saltando diversi secoli: sembra che la famiglia Pucci, già durante la prima metà del XV secolo, facesse utilizzare una sorta di forchetta agli ospiti nei propri banchetti. Ma la centralità dell'uso di coltello e cucchiaio permase, ancor prima, durante tutto il Basso Medioevo. Soltanto con l'affacciarsi dell'epoca nuova, il  Rinascimento, le cose cominciarono a mutare, quando principiò una lenta ma maggiormente omogenea diffusione. 

Bartolomeo Scappi fu il più grande scalco e cuoco di epoca rinascimentale. Lombardo di nascita, appena giunto a Roma ebbe la fortuna di organizzare uno sfarzosissimo, epocale banchetto per Carlo V, presso il cardinale Lorenzo Campeggi, nell'aprile del 1536 in Trastevere: ben cinque servizi di credenza (piatti freddi) e sei di cucina (caldi); poiché si era in periodo di Quaresima il menù prevedeva unicamente tutto il possibile universo dei pesci e dei crostacei. 

La cosa piacque e non poco, tanto che Scappi si aggraziò gli ambienti clericali: nel 1564 divenne cuoco personale di Papa Pio IV e nel 1576 di Pio V. Cruciale fu il 1570: acquistò la carica di mazziere pontificio e successivamente divenne Cavaliere del Giglio e "Comes Palatinus Lateranensis" per i meriti raggiunti grazie al suo operato presso la corte pontificia. Eguagliò un suo collega, un altro grande scalco, Cristoforo di Messisbugo, ferrarese, eletto conte palatino pochi decenni prima. 

Scappi, rivoluzionario, genio, studioso, cuoco e ricercatore, ci ha lasciato in dono uno dei più importanti trattati di cucina della storia: in "Opera", sei volumi, si delineano grandemente usi, costumi e pratiche di cucina di quel periodo. Sono passate alla storia le famose 27 tavole dove Scappi descrive minuziosamente i locali e gli strumenti da utilizzare nelle cucine. 

Ed è proprio alla tavola 23 che abbiamo la prima rappresentazione grafica della "forcina" in un manuale, la nostra forchetta, ancora rappresentata a due rebbi: novità assoluta poiché nel Medioevo i protagonisti erano unicamente coltello, cucchiaio e...mani. Passata tra continui alti e bassi nelle epoche precedenti, questa nuova "istituzionalizzazione" la designa come protagonista assieme agli altri utensili di cucina.

Un punto fermo, la vicenda Scappi. Ma per una assimilazione culturale su larga scala, tra i vari ceti sociali, bisognerà attendere ancora del tempo...



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