Pomodori col Riso
G: Mbè ssu!!! E fammijiiii!!!
P: Ma mo m'ada fa appiccià i furnu co' 'sso callo?!?!?!
G: Ma so' boni!! A me me piacianu!!!
P: E vabbè! Tocca! Va da zia Lina, sta a fa i pummidori sott'a casa de nonna, diji se ti ji fa mette sott'aju foco colla tiella.
(Giorgia vola giù dalle scale di casa e poi ancora giù per le scale del paese fino a raggiungere casa di sua nonna, in fondo al paese, dove trova zia Lina)
P: ZIA LIIIIIIII!!!!! Ha 'ittu mamma se cci ji fa mette 'a tiella eji pummidori coju risu sott'alla racia!!!
L: Ha da fa' i pummidori coju risu?!?! Allora vè qua, tè! Pija 'ssa canestra 'e pummidori, di' a mammota che 'i pummidori ci ji do io, ma che mi j'ha da fa' pure a me e ji mettemu tutti ecco! Oh, però me ll'ha da fa' resapì si ji fa!
(Giorgia, con il canestro di pomodori e la teglia di zia Lina, risale, molto meno velocemente dell'andata, verso la sommità del paese dove abita lei, d'estate, con sua mamma Peppina e papà Ettore)
G: MAAAAAAAA!!!! Zia Lina m'ha dato i pummidori e ha 'ittu che ci ji facissi pure a essa!
P: E facemoji pure a essa...
(E Giorgia torna indietro a riferire a zia Lina)
Al mio paese, Roccagiovine, a metà strada più o meno tra Roma e Subiaco, d'estate si faceva, e si fa ancora, in casa la conserva di pomodoro, un evento che coinvolgeva per più giorni interi nuclei e clan familiari.
Cominciava col lavaggio accurato e l'asciugatura delle bottiglie, quelle bassotte della birra, continuava con quello dei bei pomodori San Marzano, rossi e maturi al punto giusto, con protuberanze a volte maliziosamente ridicole, comprati a cassette dal camion che veniva in piazza o raccolti nel proprio orto o in quello di qualche parente, e si concludeva con la macinazione dei pomodori, operazione, quest'ultima, che veniva svolta con la meticolosità, l'attenzione e la solennità di un sacro rito, propiziatorio di meravigliose paste asciutte, lasagne, spezzatini e polente durante l'inverno.
Ogni componente della famiglia, all'interno di questa liturgia, aveva il suo compito preciso, il suo posto nella scala di comando di tutta l'operazione: la Matriarca, coadiuvata dalle anziane, macinava, le Ancelle imbottigliavano, i Paggi mettevano il basilico nelle bottiglie e i Cavalieri si occupavano di tappare le bottiglie riempite, incartarle nella carta delle riviste e metterle nei bidoni per la cottura, badando anche che il fuoco sotto di essi non si spegnesse.
E' a questo punto che arrivavano le piccolette come me, portando con attenzione e devozione 'a tiella 'eji pummidori, ossia il fornetto da campagna di alluminio, presente ancora in ogni casa, pieno di pomodori e patate, da mettere a cuocere sulle braci che man mano si formavano.
P.S.: mica vi devo tradurre il dialogo di Giorgia con la mamma e la zia, vero?
Talgiate a tocchetti le patate e, in un'insalatiera, mescolatele con olio, sale, rosmarino e peperoncino tritato. Smucinatele a lungo con le mani, così è sicuro che si condiscono bene, e poi disponetele nella teglia, tra i pomodori.
Ancora un giro d'olio e poi in forno a 180° per il tempo necessario a cuocere patate e riso.
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