Quando i manuali di cucina sono dei "monumenti" patriottici: il caso "Cougnet"

I primi venti anni del '900 hanno rappresentato di gran lunga un originale ed interessante tentativo, sovente riuscito, di concretizzare "su carta" la magnificenza della vasta tradizione gastronomica italiana. Poter consultare quindi, in molti, dei manuali più o meno elaborati, per una funzionale ed ampia "democratizzazione" del cucinare in qualità; novità che andrà progressivamente ad incontrare l'interesse, negli anni successivi, anche delle classi sociali meno agiate.

1910. Alberto Cougnet, medico, poligrafico e giornalista, fu incaricato dal Circolo Gastronomico di Milano di scrivere un manuale che potesse sostituire o aggiornare agilmente il famosissimo e plurieditato, ma un poco d'annata, "La Cuisine Classique" di Dubois e Bernard, dato alle stampe a Parigi nel 1856.

La discussione fu ampia e dibattuta: metter mano alla Cucina Classica, innovando in gran parte i contenuti, o proporre qualcosa di totalmente nuovo? Si risolse per la seconda ipotesi, tenendo conto che era necessario interpretare il mood del periodo, far proprio, su carta, il nuovo sentimento nazionale, quel senso di Patria Italiana, col conquisto della sua Unità e Indipendenza, che si doveva riversare grandemente anche nel campo delle discipline gastronomico culinarie e nella loro "narrazione".

"L'Arte Cucinaria in Italia" assunse quindi in toto quel senso di modernità che già si respirava nella società italiana dell'epoca; prevalsero concetti dell'etica morale, ispirati ai sentimenti di patriottismo e dignità nazionali, una descrizione delle ricette, quindi, più italianamente ispirata.

Alla raccolta e alla definizione delle ricette lavorarono in molti, alacremente: un gran numero di cuochi e gastronomi, che, in molti figli delle terre lombarde e piemontesi, citando Cougnet, "di buon grado si batterono, a loro tempo e senza trepidare, davanti al fuoco delle carabine e dei cannoni austriaci, ed ebbero sempre in cima alle loro menti il pensiero dell'"Italia Una". Patriottismo... in cucina, una riforma nazionale che già l'Artusi propose, primo su tutti, nel suo "La scienza in cucina" del 1891.

Franco Berra, rinomato cuoco di alto rango, fu nominato alla presidenza del progetto, mentre il Cougnet divenne "compilatore".

"L'Arte Cucinaria in Italia": un monumento, uno spirito informatore nuovo ed una assoluta novità dal punto di vista tipografico. Due grossi volumi per quasi 1600 pagine, 4376 ricette suddivise, per tipologie, in 18 capitoli (da "Il brodo" a "Delle zuppe e delle minestre", da "Delle carni da macello" a "Della cacciagione", da "Degli erbaggi, legumi e erbe aromatiche" a "Dei pastelli ed altri lavori in pasta", da "Della dulciaria" a "Delle liste cibarie e della loro evoluzione", ecc...).

Si trovò spazio anche per un accenno alla cucina "folkloristica".

Eccellenti artisti pittori, tra cui Tornaghi e Pasini, illustrarono ampiamente le ricette in maniera scenografica, contribuendo a far entrare di buon grado nella storia questo immenso, monumentale manuale di cucina.

Il costo dell'opera non era, oggettivamente, alla portata di tutti: 50 lire. Un prezzo che definisce di per sé il pubblico destinatario: grandi alberghi e ristoranti di una certa levatura, dove si poteva agilmente proporre qualità e varietà senza timore dei costi.

Solo negli anni a seguire cominceremo a trovare dei manuali un poco più popolari.

Cougnet, manuale









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