Il primo ricettario organico regionale della cucina: il caso "Agnetti"

"Nel presentare al popolo dei buongustai questo libretto, noi intendiamo produrre, nel campo gastronomico, una vera e propria novita'. L'Italia [...] e' diversa e varia nei suoi costumi e nelle sue tradizioni, fra i quali non deve trascurarsi il modo di mangiare."
Vittorio Agnetti, Milano, 1909.

Sembra assai strano, ma e' tutto cosi'estremamente recente, perlomeno per quanto concerne i manuali di cucina regionale italiana. A livello organico e strutturale, con una lettura che tenti di restituire un'immagine in un quadro piu' nazionale, abbiamo un primo approdo bibliografico solamente con "La nuova cucina delle specialita' regionali", scritto di tutto pugno da Vittorio Agnetti nel 1909.

Il percorso di stesura del manuale traccia una via gia' solcata da Pellegrino Artusi, cioe' lo scrivere sperimentando i piatti in prima persona spostandosi di regione in regione. Agnetti ne restituisce pero' un'opera certamente piu' scarna di quella dell'Artusi: poche ricette e molte concentrate in regioni con marcate tradizioni gastronomiche (e maggiormente raggiungibili, vedi il Settentrione e le tirreniche).

Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna sono le regioni che vengono analizzate nell'Agnetti.

Dei mille spunti di riflessione, salta subito all'occhio un particolare, durante la lettura del manuale: ai primi del '900 la cucina italiana regionale conosciuta all'estero era praticamente solo la milanese.

"La cucina lombarda, se non la migliore, e' la piu' diffusa e conosciuta all'estero. I molti ristoranti che fioriscono a Parigi, Londra e Vienna servono esclusivamente piatti lombardi. Il risotto, la cotoletta alla milanese, l'osso buco, la frittura piccata sono forse piu' conosciuti all'estero che in Italia. Il prototipo della cucina italiana regionale all'estero e' quello lombardo."

Scordiamoci quindi spaghetti, maccheroni, pizza e affini.

Mi soffermo, per ovvie ragioni, sulla parte dedicata all'adorata Toscana: Agnetti mostra molto interesse alla mia regione, descrivendo copiosamente molta tradizione. Le "Minestre" (zuppa di magro, le varie pappardelle, risotto nero, agnellotti, ravioli e strangolapreti su tutti); i "Piatti di pesce all'uso di Livorno, di Viareggio e del litorale" (cacciucco, stoccafisso, triglie, arselle, panzanella, ecc...); "Altri piatti non marinareschi" (baccala', fagioli vari, ranocchi, stufati, lessi, frittelle, cacciagione, ecc...).

Mi viene da pensare quanto sia accessibile, oggigiorno, ogni regionale italiana: chi di noi appassionati di cucina non ha i classici ricettari da 5000 ricette?

La Nuova Cucina







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