Tra Tuscia e Maremma: la parca acquacotta dei bovari
Chi non conosce la celebre canzone nata due secoli fa durante la
bonifica del maremmano? Verso metà ‘800 lasciavamo le case ed i propri
affetti per andare a lavorare tra le acque malsane di quel maledetto
lembo di terra, la paludosa Maremma, che tante vittime aveva mietuto a
causa della malaria. Ecco, il mood deve essere, a mio avviso, anche
questo: comprendere in che contesto storico, culturale e sociale possa
essere nata una ricetta, con le sue possibili varianti zonali.
I grandi piatti tradizionali della Toscana del sud, in particolare,
sono figli del sudore, della fatica, del “che metto oggi nella zuppa?”,
della ciclicità delle stagioni e, in ultimo, della solidarietà
gastronomica: quando la povertà era soverchiante ed interessava ampie
fasce di popolazione, era uso “socializzare” tra le famiglie passandosi
il prezioso “conditoio”, celebre osso di prosciutto che viaggiava di
casa in casa, di pentola in pentola, andando ad insaporire le minestre;
vista la frequente mancanza di ingredienti strutturati di sapore, le
zuppe rischiavano altrimenti di risultare pericolosamente insipide.
Poesia!
Il territorio di riferimento delle acquacotta (maremmana, dei bovari,
casentinese e di Moggiona) comprende un’ampia fascia di territorio che
va dall’Aretino, scendendo giù verso il senese e l’Amiata, proseguendo
per tutta la Maremma Grossetana fino ad arrivare nella pittoresca Tuscia
laziale, il Viterbese per intendersi.
Questo piatto risultava essere
assai mutevole nei suoi ingredienti ed era consumato da carbonai,
contadini, boscaioli e, appunto dai bovari. Quest’ultimi portavano per
giornate intere le mandrie in transumanza e, appena era possibile
pasteggiare, tiravano fuori dalla saccoccia gli ingredienti necessari
per preparare l’acquacotta, racimolando qualcos’altro per strada.
Nell’acquacotta dei bovari regine del piatto sono le verdure di
stagione; esse andavano ad impreziosire fortemente la peculiarità della
ricetta, cioè il porre le uova all’interno della pentola a fine cottura,
creando una sorta di “uova in camicia”. In questa primavera foriera di
“svolte” tanto bramate (speriamo) andremo ad utilizzare le verdure che
possiamo reperire agilmente al supermercato, almeno tre delle seguenti:
carciofi, zucchine, piselli (passino pure i surgelati), bietola e fave
fresche.
ACQUACOTTA DEI BOVARI, per 6:

- verdure miste: carciofi, zucchine, piselli e fave, 500 gr. circa
- odori (cipolla, carota e sedano)
- 2 spicchi d’aglio
- 4 foglie di salvia
- peperoncino
- pomodori pelati, 400 gr.
- 6 uova
- pecorino grattugiato, 100 gr.
- olio evo e sale qb.
- 6 fette di pane casalingo raffermo

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