La garmugia lucchese, trionfo di primavera nel piatto

Zuppe o minestre, minestre o zuppe, che scegliere? Per quanto possa essere ampiamente interessante la vasta e variopinta tradizione gastronomica della nostra cara Toscana, ho sempre avuto un particolare trasporto per quella che maggiormente si avvicina allo scorrere della vita nelle campagne dell’entroterra e delle coste maremmane di inizio ‘900: il duro lavoro nei campi, le interminabili uscite in barca per la pesca, i frutti che la terra poteva donare stagione dopo stagione, l’arrangiarsi con ciò che si possedeva sul momento in cucina, non buttando via mai nulla, ma anzi riciclando ciò che avanzava… sempre.

La cucina povera, come si suol dire, ma che in realtà povera non lo era affatto perché rivelatrice di grandi tradizioni, di vissuti. I piatti sono noti e assai battuti: la poderosa acquacotta maremmana, la fresca panzanella, il labronico cacciucco, pronunciato con tre “c” e declinato anche alla viareggina o grossetana con i “gusci”, la sempreverde pappa al pomodoro, essenza del piatto povero, l’invernale ribollita, ecc… 

E poi c’è il “carpe diem” che non ti aspetti, e anche poco conosciuto: la garmugia lucchese, che, come narra il buon Petroni, affonda le proprie radici nel lontano 1200. La troviamo unicamente in questa zona della Toscana e per un brevissimo lasso di tempo, da metà aprile fino agli ultimi giorni di maggio; poi niente fino all’anno successivo: piselli, fave, carciofi, asparagi, cipolline novelle e macinato di vitellone. 

Con l’arrivo della primavera tutto si svegliava, la vita in campagna era legata al ritmo delle stagioni ed anche i piatti caratteristici si alternavano e si adeguavano allo scandire della ciclicità del tempo. La primavera era un inno alla vita, ai colori, aria profumata e leggera, rondini che tornano. Era il tempo della garmugia, “germoglio” e trionfo della primavera, in quel di Lucca…

GARMUGIA LUCCHESE, per due:
- 2 cipolline novelle
- 25 gr. di pancetta tesa
- 100 gr. di polpa di vitello macinata
- 1 carciofo medio
- 50 gr. di piselli sgranati
- 50 gr. di fave sgusciate
- 40 gr. di punte di asparagi
- 600 ml. di brodo vegetale (anche dado)
- 4 fette di pane casalingo
- Olio evo, sale e pepe qb
- Parmigiano grattato (opzionale)

In un tegame far rosolare, in 3 cucchiai d’olio, le cipolline tagliate a fettine e la pancetta tritata fine. Appena le cipolline appassiscono unire la carne macinata e, dopo alcuni minuti, porre tutte le verdure (i carciofi necessitano di essere precedentemente privati delle foglie esterne, quindi togliere la parte finale del gambo e pulire il rimanente con uno spelucchino, tagliarli a metà, eliminare la barba interna con uno scavino, ricavare delle fettine sottili ed immergerli momentaneamente in acqua acidulata per evitare l’ossidazione). Salare, pepare e insaporire per qualche minuto a tegame coperto, quindi versare il brodo; far bollire lentamente per circa mezz’ora, fino a completa cottura delle verdure. Servire la garmugia lucchese calda con crostini di pane tostato o tagliato a dadini aggiungendo, a piacere, del parmigiano grattato.
ATTENZIONE: durante la pulitura dei carciofi utilizzare dei guanti monouso o acidularsi le mani con del succo di limone.

Garmugia lucchese

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